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today16 Ottobre, 2025
Un nuovo rapporto di Transport & Environment mette in discussione la presunta sostenibilità delle auto ibride. Secondo l’analisi, le auto ibride plug-in emetterebbero fino a cinque volte più CO₂ rispetto a quanto dichiarato nei test ufficiali. I dati, raccolti su oltre 800.000 veicoli in Europa, mettono in crisi la narrazione che vede le ibride come il ponte ideale verso la mobilità sostenibile e mettono pressione sulle politiche ambientali dell’Unione Europea.
Le auto ibride sono state presentate per anni come una soluzione di compromesso tra i motori tradizionali e quelli completamente elettrici. In teoria, il sistema plug-in dovrebbe consentire di percorrere gran parte dei chilometri in modalità elettrica, con il motore a benzina attivo solo quando serve maggiore potenza o la batteria si scarica.
Lo studio dimostra invece che solo il 27% dei chilometri viene effettivamente percorso in modalità elettrica, contro l’84% ipotizzato nei test di laboratorio. Il risultato è un divario enorme tra teoria e pratica: nella realtà, le auto ibride plug-in emettono 135 grammi di CO₂ per chilometro, appena il 19% in meno rispetto ai 166 grammi medi di un’auto a benzina.
Nei test ufficiali, invece, le emissioni risultavano molto più basse, alimentando l’immagine “pulita” delle ibride. Ma i test WLTP – il metodo di certificazione europeo – simulano solo condizioni ideali di guida, lontane dal traffico urbano, dalle pendenze o dalle alte velocità. Nella vita reale, il motore termico delle ibride entra in funzione anche quando l’auto dovrebbe viaggiare solo in elettrico, generando consumi medi di tre litri di benzina ogni 100 chilometri, con un’emissione di circa 68 grammi di CO₂ per chilometro, nove volte superiore ai valori dichiarati.
L’errore di valutazione non riguarda solo l’ambiente, ma anche il portafoglio dei cittadini. I consumi effettivi più alti fanno spendere circa 500 euro in più all’anno rispetto a quanto previsto dai dati ufficiali. A ciò si aggiunge il prezzo d’acquisto più elevato: nel 2025, il costo medio di un’ibrida plug-in nei principali Paesi europei è stimato intorno ai 55.000 euro, circa 15.000 in più rispetto a un’auto completamente elettrica.
La sottostima delle emissioni, inoltre, ha permesso ai grandi gruppi automobilistici di risparmiare miliardi di euro in multe ambientali. Tra il 2021 e il 2023, le ibride plug-in, considerate erroneamente “pulite”, hanno consentito alle case automobilistiche di rispettare più facilmente i limiti di CO₂ imposti dall’Unione Europea.
Questo “effetto contabile” ha prodotto vantaggi industriali e politici, ma ha anche rallentato la diffusione di veicoli realmente a zero emissioni. Le stime gonfiate sull’uso della modalità elettrica hanno reso le PHEV più appetibili agli occhi dei regolatori e dei consumatori, nonostante il loro impatto ambientale fosse quasi paragonabile a quello delle auto a benzina.
Alla base del problema c’è il metodo di certificazione delle emissioni. Il ciclo WLTP, introdotto per uniformare le prove in Europa, si basa su condizioni standard che non riflettono la guida reale. Per le auto ibride, questo significa che la quota di percorrenza in elettrico è sovrastimata, e di conseguenza le emissioni appaiono artificialmente basse.
La Commissione europea ha già annunciato l’intenzione di introdurre un nuovo sistema di calcolo del cosiddetto “fattore di utilizzo”, che rappresenta la percentuale di chilometri realmente percorsi in modalità elettrica. Tuttavia, secondo Transport & Environment, le modifiche previste non saranno sufficienti a colmare il divario tra le emissioni dichiarate e quelle reali.
Nel frattempo, la fiducia del pubblico verso le ibride plug-in rischia di incrinarsi. Molti consumatori le avevano scelte per ridurre l’impatto ambientale e i costi di gestione, ma si ritrovano con auto che inquinano quasi quanto le versioni tradizionali, pur avendo costi di acquisto e manutenzione più elevati.
La ricerca di Transport & Environment lancia un messaggio chiaro ai decisori europei: le auto ibride non rappresentano una soluzione sostenibile per la decarbonizzazione dei trasporti. Se davvero l’Unione Europea intende ridurre in modo significativo le emissioni del settore, deve rivedere le politiche di incentivo e la classificazione dei veicoli a basse emissioni.
Continuare a considerare le ibride plug-in come tecnologie “verdi” rischia di illudere i cittadini e rallentare la transizione energetica. «Le emissioni reali stanno aumentando, mentre quelle ufficiali continuano a scendere», ha affermato Sofía Navas Gohlke, coautrice dello studio. «Questo divario è un problema serio, perché illude i cittadini e rallenta la decarbonizzazione del trasporto su strada».
La sfida ora è duplice: garantire trasparenza nei dati e accelerare la diffusione delle auto elettriche pure, riducendo nel contempo i costi di accesso e le barriere infrastrutturali. Solo così la mobilità sostenibile potrà davvero diventare un pilastro della transizione ecologica europea.
Scritto da: Matteo Respinti
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