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today11 Novembre, 2025
Nuova bufera sul ministero della Cultura. Dopo la pubblicazione di un articolo su la Repubblica che rivelerebbe una mail di Alessandro Giuli al Ministero dell’Economia per chiedere ulteriori tagli ai fondi destinati al cinema, l’opposizione insorge. Per Pd, M5S e Avs, il ministro non solo avrebbe smentito le promesse di sostegno al settore culturale, ma si sarebbe reso protagonista di un atto «inaccettabile» che rischia di compromettere l’intera filiera dell’audiovisivo italiano.
Secondo quanto riportato da la Repubblica, il ministro Giuli avrebbe inviato una mail ufficiale al Mef sollecitando un aumento dei tagli al fondo per il cinema e l’audiovisivo, già ridimensionato dalle ultime misure di bilancio. Una scelta che, se confermata, andrebbe in direzione opposta rispetto agli impegni pubblicamente dichiarati dal titolare del dicastero, che in più occasioni aveva parlato di «valorizzare il cinema come industria strategica per l’identità culturale nazionale».
La notizia ha immediatamente provocato reazioni politiche. In particolare, i partiti di opposizione accusano Giuli di portare avanti una linea di disinvestimento strutturale nel settore cinematografico, già messo in difficoltà dalla pandemia e dalla concorrenza delle piattaforme internazionali.
«Non siamo di fronte a un errore, ma a una linea precisa: demolire una filiera industriale del Paese perché non gradita al governo», ha dichiarato Matteo Orfini (Pd), ricordando il precedente del ministro Sangiuliano, che nel 2023 aveva proposto una revisione al ribasso del fondo cinema.
L’esponente dem Matteo Orfini è stato tra i primi a reagire con durezza alla notizia. «Quanto riportato da la Repubblica è inquietante», ha commentato, «perché conferma che non si tratta di un inciampo ma di una strategia: demolire un settore industriale e culturale per ragioni ideologiche».
Orfini ha parlato di una “pietra tombale sul cinema italiano”, sottolineando che le nuove regole e i tagli «favoriscono le produzioni straniere, che invece non vengono toccate». Una contraddizione evidente, secondo il deputato, per un governo che si definisce “sovranista” ma finisce per penalizzare l’industria culturale nazionale.
La preoccupazione del Pd riguarda anche le conseguenze occupazionali: il comparto cinematografico dà lavoro a oltre 170 mila addetti tra tecnici, artisti, produttori e maestranze. Il rischio, dicono i democratici, è di cancellare decenni di crescita e di rendere l’Italia sempre più dipendente dai capitali esteri.
Anche il Movimento 5 Stelle ha chiesto un intervento immediato del ministro in Parlamento. Il deputato Gaetano Amato ha dichiarato che Giuli «deve venire in Aula a riferire con urgenza su quanto riportato da la Repubblica. Se la notizia fosse confermata, ci troveremmo davanti a un caso gravissimo: un ministro che non solo ha mentito al settore culturale, ma che avrebbe addirittura sollecitato il Mef a tagliare ulteriormente le risorse».
Amato parla di «atto politico e morale inaccettabile», poiché il ruolo del ministero della Cultura dovrebbe essere quello di proteggere e valorizzare la produzione cinematografica, non di ridurne il sostegno. Il deputato pentastellato ha chiesto inoltre che venga pubblicata la presunta mail e che il governo chiarisca «chi ha dato mandato al ministro di proporre un simile taglio».
Il gruppo M5S ha annunciato l’intenzione di presentare un’interrogazione parlamentare e di chiedere alla presidente del Consiglio Giorgia Meloni di intervenire direttamente sulla vicenda.
Durissimo anche il commento di Elisabetta Piccolotti (Alleanza Verdi e Sinistra), che parla di «un caso senza precedenti». «Non si era mai visto un ministro che chiedesse più tagli di quelli proposti dal Mef al settore che ha il dovere di proteggere e valorizzare», ha dichiarato.
Per Piccolotti, la condotta di Giuli rappresenta una “rottura di fiducia” con tutto il mondo della cultura e dello spettacolo. «A quanto leggiamo su la Repubblica, anche questo tabù è stato infranto. Rinominatelo pure “Ministero contro la Cultura”: sareste più onesti», ha ironizzato la deputata.
Infine, ha rivolto un appello alla premier Meloni: «Quando si deciderà a dare all’Italia un ministro della Cultura all’altezza del Paese?».
Le parole di Piccolotti riflettono il malcontento diffuso anche tra artisti e operatori del settore, che nelle ultime settimane avevano già espresso preoccupazione per il taglio del tax credit e la riduzione dei contributi pubblici.
Al momento Alessandro Giuli non ha rilasciato dichiarazioni ufficiali in merito all’articolo di la Repubblica. Dal ministero della Cultura trapela soltanto che il dicastero «non commenta indiscrezioni di stampa». Tuttavia, secondo fonti interne, il ministro starebbe preparando una nota ufficiale per smentire almeno in parte le ricostruzioni.
Giuli, giornalista e saggista prima di entrare nel governo Meloni, è al centro di un confronto politico che tocca una delle filiere più strategiche dell’economia culturale italiana. La questione cinema è da mesi terreno di scontro tra il governo e le opposizioni, che accusano la maggioranza di voler ridimensionare l’intervento pubblico a favore delle produzioni nazionali per spostare le risorse su progetti “più graditi” alla linea ideologica dell’esecutivo.
Per ora, l’unica certezza è l’assenza di chiarimenti ufficiali. L’opposizione promette di tenere alta la pressione e di chiedere che Giuli riferisca in Parlamento entro la settimana. Nel frattempo, l’intero comparto cinematografico attende di sapere se i fondi 2026 subiranno effettivamente ulteriori tagli o se le cifre resteranno invariate rispetto alla legge di bilancio precedente.
Scritto da: Matteo Respinti
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