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La riforma Esma presentata dalla Commissione europea segna un nuovo passo verso l’integrazione del mercato finanziario dell’Unione. A dieci anni dal trasferimento della vigilanza bancaria alla Banca centrale europea, Bruxelles torna ad affrontare il nodo della frammentazione normativa, ritenuta da tempo uno dei principali freni alla crescita economica del continente. Con il nuovo pacchetto legislativo, la Commissione guidata da Ursula von der Leyen intende rafforzare la vigilanza sui mercati e avvicinare l’Europa a un vero mercato unico europeo anche nel settore finanziario.
La commissaria agli Affari finanziari, Maria Luís Alburquerque, ha spiegato che l’obiettivo della riforma Esma è eliminare quelle differenze nazionali che limitano la capacità di investimento e impediscono al risparmio europeo di trasformarsi in capitale produttivo. L’Europa è un continente ricco di risorse, ma frammentato da regole divergenti. «Per troppo tempo l’Europa ha tollerato livelli di frammentazione che frenano la nostra economia», ha dichiarato Alburquerque, sottolineando come l’integrazione finanziaria sia «un imperativo politico per la prosperità e la rilevanza globale dell’Europa».
La riforma Esma mira a intervenire su almeno sette testi legislativi diversi, con l’obiettivo di rendere omogenee le regole che disciplinano autorizzazioni, funzionamento e vigilanza degli intermediari finanziari. Secondo l’esecutivo comunitario, le divergenze normative tra Stati membri contribuiscono alla prudenza delle famiglie e delle imprese, che continuano a preferire la liquidità immediata ai rischi dell’investimento. La conseguenza è che i risparmi restano fermi: circa 10 mila miliardi di euro in depositi bancari.
Per la Commissione europea, la riforma Esma è uno strumento per trasformare questo potenziale inutilizzato in capitale da destinare a innovazione, transizione tecnologica e competitività. Armonizzare le regole significa rendere il sistema più prevedibile e più trasparente, favorendo la crescita delle imprese e una maggiore partecipazione dei cittadini ai mercati finanziari. Nella documentazione presentata a Bruxelles, l’esecutivo sottolinea che un quadro unico migliorerà la capacità di allocare le risorse e ridurrà costi e incertezze per gli operatori.
Il capitolo più delicato della riforma Esma riguarda l’estensione della vigilanza finanziaria. Attualmente l’autorità europea, con sede a Parigi, esercita un ruolo di coordinamento tra le autorità nazionali, ma non dispone di poteri diretti sulle principali sedi di negoziazione. La proposta della Commissione punta invece a rafforzarne la capacità di intervento, attribuendole la supervisione diretta di alcune entità transfrontaliere considerate strategiche nel settore del trading e del post-trading.
Secondo le stime iniziali, circa nove piattaforme europee rientrerebbero nel nuovo regime. La riforma Esma prevede inoltre strumenti più efficaci per garantire la convergenza delle pratiche di vigilanza e migliorare la cooperazione tra le autorità nazionali. L’obiettivo è rendere la supervisione più coerente e più rapida, riducendo la possibilità che differenze tecniche o politiche generino squilibri nel sistema.
La Commissione europea è consapevole della sensibilità politica del tema. Il trasferimento di poteri dal livello nazionale a quello europeo ha sempre incontrato resistenze, soprattutto nei Paesi che temono una perdita di competitività o di autonomia. L’esperienza della vigilanza bancaria lo dimostra: anche allora il confronto fu acceso, ma alla lunga ha generato maggiore solidità del sistema.
La riforma Esma potrebbe generare un nuovo confronto politico tra Paesi membri. Alcuni Stati, come Lussemburgo o Irlanda, hanno costruito parte della loro attrattività su regole relativamente flessibili e su un sistema di vigilanza nazionale fortemente orientato alla competitività. Altri temono che l’accentramento della vigilanza finanziaria possa ridurre la sovranità regolamentare o influire negativamente sul proprio settore finanziario.
Nonostante queste tensioni, esiste un consenso crescente sul fatto che la frammentazione sia ormai un ostacolo alla crescita. La capitalizzazione delle borse europee, pari al 73% del Pil dell’Unione nel 2024, resta nettamente inferiore a quella degli Stati Uniti, che raggiunge il 270%. Secondo la Commissione, questa differenza riflette anche la scarsa integrazione dei mercati europei e la difficoltà degli operatori di competere su scala globale.
Per questo la riforma Esma è presentata come un passaggio necessario per completare l’unione dei mercati dei capitali, uno degli obiettivi fondamentali della legislatura. Un’unione finanziaria più solida, nelle intenzioni di Bruxelles, richiede regole comuni, vigilanza coerente e la capacità di mobilitare risorse ingenti per sostenere le priorità dell’Unione.
Il modello proposto dalla riforma Esma ricalca in parte quello che, dieci anni fa, ha dato origine al Meccanismo di vigilanza unico nel settore bancario. Anche allora la ripartizione dei poteri tra autorità europee e nazionali fu oggetto di dibattito, ma si è dimostrata efficace nel rafforzare la stabilità del sistema. La Commissione spera che un simile equilibrio possa essere raggiunto anche nel mercato dei capitali.
La sfida sarà politica oltre che tecnica. L’obiettivo, tuttavia, appare chiaro: creare un sistema in cui il mercato unico europeo sia reale anche nella finanza. La riforma Esma, nelle intenzioni della Commissione europea, è il passo decisivo per colmare una lacuna che limita da anni la capacità del continente di crescere e competere.
Scritto da: Matteo Respinti
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