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Caso Almasri: Meloni archiviata, ma Nordio, Piantedosi e Mantovano rischiano il processo. Perché?

today5 Agosto 2025

Sfondo

Il Tribunale dei ministri ha archiviato le accuse contro Giorgia Meloni nell’ambito del caso Almasri, mentre per Carlo Nordio, Matteo Piantedosi e Alfredo Mantovano verrà chiesta l’autorizzazione a procedere. La decisione, depositata il 4 agosto 2025, segna un passaggio decisivo in una vicenda che ha messo in tensione i rapporti tra politica, magistratura e opinione pubblica. Il caso ruota attorno al rilascio e al rimpatrio in Libia del generale Mahmoud Almasri, sospettato di crimini di guerra.

Chi è Almasri e perché il suo caso ha scosso il governo

Il caso Almasri ha inizio il 19 gennaio 2025, quando Mahmoud Almasri, generale libico considerato vicino al governo di Tripoli, viene arrestato a Roma su mandato internazionale, sospettato di aver commesso crimini contro l’umanità. Il suo nome compare nei dossier della Corte penale internazionale e di diverse ONG che monitorano i diritti umani in Libia. L’arresto aveva suscitato clamore, ma in meno di 48 ore la situazione si è capovolta: Almasri è stato scarcerato e immediatamente imbarcato su un volo militare diretto a Misurata.

Il rimpatrio ha sollevato polemiche. L’avvocato Luigi Li Gotti ha presentato un esposto alla magistratura parlando di favoreggiamento e peculato. Le indagini hanno coinvolto i vertici del governo, aprendo un procedimento nei confronti della presidente del Consiglio Giorgia Meloni, del ministro della Giustizia Carlo Nordio, del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi e del sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega ai servizi segreti, Alfredo Mantovano.

Secondo l’ipotesi accusatoria, il rilascio e il rimpatrio di Almasri avrebbero eluso consapevolmente i canali giudiziari e violato le regole internazionali, configurando l’ipotesi di reati gravi come il peculato (per l’uso illecito di mezzi di Stato) e il favoreggiamento personale (per aver sottratto Almasri alla giustizia internazionale).

Meloni informata ma non coinvolta: i motivi dell’archiviazione

Nel suo decreto, il Tribunale dei ministri ha escluso la responsabilità diretta della premier Meloni nel caso Almasri. «Era sicuramente informata», si legge, ma non emergono prove che abbia preso parte alla “fase ideativa o esecutiva” dell’operazione. In particolare, i giudici sottolineano che nessun atto o documento attesta una sua decisione diretta, né vi è riscontro di un suo coinvolgimento nella pianificazione o nella copertura dell’azione.

Queste conclusioni hanno portato all’archiviazione della sua posizione. Nonostante ciò, la premier ha duramente contestato la ricostruzione dei giudici, sottolineando che «è inimmaginabile che su una vicenda così delicata i ministri abbiano agito senza condividere nulla con me». Meloni ha parlato di una “motivazione assurda”, ribadendo che il suo governo opera «in modo coeso sotto la mia guida».

Ha poi aggiunto: «A differenza di qualche mio predecessore, che ha preso le distanze da un suo ministro in situazioni similari, io difendo l’unità del mio esecutivo». Il riferimento è al caso della nave Diciotti, in cui Giuseppe Conte si sfilò dalla linea dura di Matteo Salvini.

Perché Nordio, Piantedosi e Mantovano restano indagati

Diverso è il destino dei tre esponenti dell’esecutivo che, secondo il Tribunale dei ministri, avrebbero avuto un ruolo più attivo nel caso Almasri. Per il guardasigilli Nordio, il titolare del Viminale Piantedosi e il sottosegretario Mantovano, figura chiave nella gestione dei rapporti con i servizi, la magistratura ha preannunciato la richiesta formale di autorizzazione a procedere.

Gli atti raccolti finora indicano che sarebbero stati loro a definire le modalità operative del rimpatrio, a decidere sul rilascio del generale e a disporre l’uso di un volo di Stato, nonostante la pendenza di un mandato internazionale. La Giunta per le autorizzazioni della Camera sarà chiamata a pronunciarsi. Se l’autorizzazione verrà concessa, si aprirà un vero e proprio processo.

In questa fase, le ipotesi di reato restano quelle di peculato e favoreggiamento. L’uso del volo militare e l’elusione di una rogatoria internazionale aggraverebbero il quadro. La posizione di Mantovano è particolarmente delicata: il sottosegretario esercita un ruolo di coordinamento sull’intelligence e avrebbe avuto il controllo diretto delle fasi operative.

Le implicazioni istituzionali del caso Almasri

Il caso Almasri è diventato un banco di prova politico per il governo e solleva interrogativi sul funzionamento della catena decisionale all’interno dell’esecutivo. La linea difensiva di Meloni, che rivendica coesione e condivisione delle scelte, entra in apparente contraddizione con la decisione dei giudici, secondo cui i ministri avrebbero agito autonomamente.

Dal punto di vista istituzionale, sarà il Parlamento a decidere se autorizzare il processo per i tre esponenti di governo. Il voto avrà anche un peso politico: una maggioranza coesa dovrebbe votare contro l’autorizzazione, ma ciò rischia di alimentare lo scontro con le opposizioni, che già accusano l’esecutivo di opacità.

Intanto, il caso ha attirato l’attenzione della comunità internazionale. ONG come Human Rights Watch e Amnesty International hanno chiesto chiarimenti, mentre da Bruxelles si registra preoccupazione per il rispetto degli obblighi verso la Corte penale internazionale. Anche la stampa estera (da Reuters al Financial Times) ha rilanciato la notizia.

Infine, non si possono escludere ripercussioni nei rapporti diplomatici con la Libia: l’operazione potrebbe essere stata favorita da ragioni geopolitiche, come la gestione dei flussi migratori e gli accordi energetici, aspetti su cui il governo Meloni ha investito molto.

Una vicenda ancora aperta

Nonostante l’archiviazione di Meloni, il caso Almasri rimane aperto e potenzialmente esplosivo. Nei prossimi mesi, la richiesta di autorizzazione a procedere per Nordio, Piantedosi e Mantovano sarà un passaggio istituzionale cruciale. In gioco non c’è solo la sorte giudiziaria di tre membri del governo, ma anche la credibilità dell’intero esecutivo e il suo rapporto con la legalità costituzionale.

Il caso Almasri, nato come un’operazione sotto traccia, rischia ora di lasciare un segno profondo nella legislatura. È una questione che va oltre la responsabilità penale: tocca la trasparenza nelle decisioni di governo, i rapporti tra potere esecutivo e magistratura e l’adesione dell’Italia agli impegni internazionali in materia di giustizia.

Scritto da: Matteo Respinti

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