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today25 Novembre, 2025
La chiusura anticipata del Dipartimento per l’efficienza governativa segna una svolta inattesa nelle politiche amministrative della presidenza Trump. L’agenzia, ideata per ridurre costi, burocrazia federale e duplicazioni nell’apparato pubblico, ha cessato di esistere ben otto mesi prima del termine previsto. A confermarlo è stato Scott Kupor, direttore dell’Office of Personnel Management, che ha annunciato che molte delle funzioni del Dipartimento sono state assorbite dalla sua stessa struttura. La decisione mette fine a uno degli esperimenti più discussi e simbolici del nuovo corso voluto da Donald Trump dopo il ritorno alla Casa Bianca.
Il pesante annuncio è arrivato durante un briefing interno dell’Office of Personnel Management, quando Kupor ha dichiarato che il Dipartimento per l’efficienza governativa «non esiste più». L’OpM ha infatti ereditato una serie di competenze, dalle attività di valutazione dei costi amministrativi alla supervisione di progetti di semplificazione interna, originariamente assegnati alla struttura ora chiusa.
L’agenzia creata per razionalizzare il funzionamento dello Stato federale avrebbe dovuto operare per almeno altri otto mesi. La sua fine prematura riflette tensioni politiche, divergenze strategiche e una revisione complessiva delle priorità dell’amministrazione Trump. Molti analisti considerano rilevante anche il mutato equilibrio tra Casa Bianca e alcune figure chiave dell’amministrazione coinvolte nella gestione dei processi di riforma.
Le attività di monitoraggio, auditing interno e revisione normativa che erano state affidate al Dipartimento per l’efficienza governativa proseguiranno ora sotto la supervisione dell’OpM. Il cambiamento segna un ritorno a un modello più tradizionale di gestione della pubblica amministrazione, dopo un periodo di forte centralizzazione simbolica attorno alla figura del presidente.
La creazione del Dipartimento per l’efficienza governativa era stata annunciata da Donald Trump nel primo giorno del nuovo insediamento alla Casa Bianca. L’obiettivo dichiarato era ridurre le dimensioni dello Stato federale, contrastare sprechi e duplicazioni e accelerare la digitalizzazione di molti processi. Il progetto era stato associato a una strategia più ampia di deregolamentazione avviata già durante il primo mandato di Trump e rilanciata dopo il suo ritorno alla presidenza.
La scelta di nominare Elon Musk come supervisore aveva attirato molta attenzione. Il patron di Tesla e X era stato incaricato di individuare inefficienze strutturali e proporre soluzioni innovative, valorizzando la sua visione orientata alla riduzione dei costi e all’automazione dei servizi pubblici. La sua presenza al vertice del Dipartimento per l’efficienza governativa rappresentava, per la Casa Bianca, un segnale di rottura con le prassi amministrative tradizionali.
Tuttavia, il raffreddamento dei rapporti tra Trump e Musk, iniziato già nella seconda metà dell’anno, aveva alimentato sospetti sulla destinazione dell’agenzia. Divergenze su alcune linee di riforma e tensioni politiche interne avevano reso sempre più fragile il ruolo del tycoon all’interno del progetto.
La chiusura anticipata sembra quindi inserirsi in un quadro più ampio di ridefinizione degli equilibri interni alla macchina federale, in cui l’amministrazione preferisce affidarsi nuovamente alla struttura consolidata dell’OpM.
La parabola del Dipartimento per l’efficienza governativa non può essere compresa senza analizzare il rapporto tra Trump ed Elon Musk. La collaborazione iniziale, presentata come un tentativo di introdurre la logica dell’efficienza privata nelle dinamiche federali, si è progressivamente logorata. I contrasti su alcune nomine governative, la gestione di X e le prese di posizione pubbliche di Musk su temi di politica estera e fiscale hanno contribuito a incrinare la relazione.
L’allontanamento del miliardario dalle posizioni centrali dell’amministrazione è stato seguito da indiscrezioni sulla possibile chiusura dell’agenzia. Una parte dell’establishment repubblicano mal tollerava l’idea che una figura esterna al governo esercitasse un ruolo così rilevante nella gestione della macchina pubblica.
Gli osservatori sottolineano che la fine del Dipartimento per l’efficienza governativa è anche il risultato di una competizione interna sulla gestione dei poteri esecutivi. Alcuni funzionari avrebbero espresso preoccupazione per l’eccessiva autonomia dell’agenzia, che secondo i critici stava iniziando a sovrapporsi ad altre strutture federali, in particolare all’OpM e alla General Services Administration.
La decisione di chiudere anticipatamente il Dipartimento per l’efficienza governativa e di ricollocare le sue funzioni in strutture esistenti risponde quindi alla volontà di riportare le riforme amministrative sotto un controllo diretto e istituzionalizzato.
La chiusura del Dipartimento per l’efficienza governativa apre ora diversi interrogativi sulle future strategie di riforma amministrativa. Trump aveva più volte indicato la riduzione del perimetro statale come una priorità del suo mandato, ma la soppressione dell’agenzia rischia di indebolire questa visione agli occhi dei sostenitori più orientati alla deregolamentazione.
Allo stesso tempo, il trasferimento delle competenze all’OpM potrebbe favorire un approccio più misurato e meno conflittuale nella gestione delle riforme. Gli esperti ritengono che la stabilità amministrativa sia stata uno dei fattori determinanti nella decisione di chiudere il progetto, soprattutto dopo le tensioni interne e le difficoltà operative emerse negli ultimi mesi.
Sul piano politico, la scelta di smantellare il Dipartimento per l’efficienza governativa potrebbe essere letta come un tentativo di consolidare la leadership del presidente all’interno dell’apparato federale. Ridimensionare un organismo associato a un attore potente come Elon Musk potrebbe essere interpretato come un messaggio verso quei settori del partito che chiedono un maggior controllo istituzionale sulle riforme.
Il futuro delle politiche di efficienza governativa dipenderà ora da come l’OpM intenderà integrare e sviluppare le funzioni ereditate. Resta aperta la questione se Trump deciderà di rilanciare nuovi strumenti di razionalizzazione o se la chiusura dell’agenzia rappresenti il primo passo verso una revisione più ampia della sua agenda amministrativa.
Scritto da: Matteo Respinti
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