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Frodi fondi agricoli UE: 48 imprenditori sotto inchiesta per un sistema da 20 milioni

today7 Ottobre, 2025

Sfondo

Un’indagine che scuote l’agricoltura italiana

Un maxi sistema di frodi sui fondi agricoli UE è stato scoperto dalla Guardia di Finanza di Padova e dalla Procura europea di Venezia. Al termine di un’indagine durata quattro anni, 48 imprenditori agricoli sono stati deferiti per associazione a delinquere e truffa aggravata. L’inchiesta ha portato al sequestro preventivo di 17,2 milioni di euro, ritenuti provento illecito dei contributi del Fondo europeo agricolo di garanzia (FEAGA).

Secondo le accuse, tra il 2017 e il 2022 gli indagati avrebbero orchestrato un complesso meccanismo di frodi fondi agricoli UE per ottenere indebitamente sussidi pubblici destinati al settore zootecnico e al pascolamento. Il danno stimato per le casse europee e italiane supera i 20 milioni di euro, mentre la Corte dei Conti del Veneto contesta un danno erariale di oltre 32 milioni.

Il sistema delle aziende “di comodo”

Al centro dell’indagine, condotta dalla Guardia di Finanza di Padova, ci sarebbe stata un’azienda agricola del Padovano, suddivisa formalmente in dodici imprese “di comodo”. L’obiettivo, secondo gli investigatori, era aggirare il limite imposto dalla Politica agricola comune (PAC), che fissa a 500 mila euro annui il tetto massimo di contributi per singola azienda.

Grazie a questa frammentazione fittizia, i promotori della frode avrebbero moltiplicato le richieste di finanziamento, ottenendo milioni di euro in contributi non dovuti. Le società, pur avendo sede legale in diverse regioni – Veneto, Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria – erano gestite da un ristretto gruppo di persone, tutte riconducibili a due imprenditori padovani considerati i principali ideatori del sistema.

La Procura contesta loro l’uso distorto dei titoli PAC e la falsa dichiarazione di requisiti aziendali. In diversi casi, le imprese non disponevano di stalle, capi di bestiame o personale agricolo effettivo. L’attività risultava documentata solo su carta, per legittimare le domande di contributo e accedere ai fondi europei.

L’operazione rientra in una più ampia strategia di contrasto alle frodi fondi agricoli UE, fenomeno che in Italia genera ogni anno perdite milionarie e distorce la concorrenza nel settore primario.

Il pascolamento illecito e i contratti fittizi

Il secondo asse della frode riguarda l’elusione del divieto di pascolamento effettuato da terzi, introdotto per evitare che soggetti estranei all’attività agricola incassino sussidi senza svolgere realmente le attività di pascolo.

In base a quanto ricostruito dagli investigatori, molti imprenditori del Nord Italia si sarebbero rivolti ai due padovani per ottenere formalmente terreni, stalle, greggi e contratti con veterinari o pastori. In realtà, le aziende richiedenti non svolgevano alcuna attività agricola, mentre i veri promotori gestivano direttamente i terreni, incassando i canoni di locazione a prezzi gonfiati e spartendo i profitti.

Si tratta, in sostanza, di un sistema di frodi fondi agricoli UE basato su una doppia falsificazione: documentale e funzionale. Da un lato, le carte attestavano l’esistenza di attività agricole mai svolte; dall’altro, venivano simulate transazioni e contratti che servivano solo a dare parvenza di legalità alle richieste di contributo.

Il meccanismo, spiegano le Fiamme Gialle, è stato possibile grazie alla frammentazione delle competenze e ai limiti dei controlli automatici sui fondi comunitari. La Procura europea, competente sui reati che danneggiano gli interessi finanziari dell’Unione, ha quindi disposto il sequestro dei beni e dei titoli di pagamento per circa 4 milioni di euro, notificando l’atto all’Agea, l’Agenzia per le erogazioni in agricoltura.

L’indagine della Guardia di Finanza di Padova

L’attività investigativa ha coinvolto più reparti della Guardia di Finanza di Padova, con la collaborazione dei nuclei di Macerata e Rieti, delle sezioni aeree di Pratica di Mare e Pescara e del Nucleo investigativo agroalimentare dei Carabinieri. Gli accertamenti, avviati nel 2021, hanno permesso di ricostruire un quadro unitario delle frodi fondi agricoli UE, che si estendevano su almeno cinque regioni.

Attraverso incroci bancari e catastali, sono state rintracciate decine di transazioni sospette e contratti di affitto a prezzi fuori mercato. Le aziende “di comodo” utilizzavano i medesimi conti correnti e si servivano degli stessi consulenti fiscali, segno – secondo gli inquirenti – di una regia comune.

L’operazione è stata descritta come una delle più complesse nel campo della tutela della spesa pubblica agricola, anche per l’ampiezza geografica del fenomeno. Gli investigatori parlano di una vera e propria rete organizzata, capace di sfruttare le maglie della burocrazia europea per appropriarsi di risorse destinate agli agricoltori reali.

In attesa dell’udienza di convalida, il sequestro di 17,2 milioni resta in vigore. La Procura europea di Venezia, coordinando l’attività, ha annunciato ulteriori verifiche per individuare eventuali complici e professionisti coinvolti nella gestione amministrativa delle società fittizie.

Un danno economico e d’immagine per l’agricoltura italiana

Secondo le stime della Corte dei Conti, l’ammontare complessivo del danno erariale prodotto dalle frodi fondi agricoli UE scoperte nel Padovano raggiunge i 32,1 milioni di euro, considerando anche gli interessi e le somme non recuperabili.

L’inchiesta rappresenta un campanello d’allarme per l’intero sistema dei finanziamenti europei. Gli inquirenti ricordano che l’Unione Europea destina ogni anno miliardi di euro alla Politica Agricola Comune, con l’obiettivo di sostenere la produttività, la transizione ecologica e la competitività del settore primario. Ogni euro sottratto indebitamente si traduce quindi in un doppio danno: economico e reputazionale.

Il fenomeno delle frodi fondi agricoli UE non è nuovo in Italia. Secondo l’Osservatorio Agromafie, le truffe legate alla PAC rappresentano una delle principali aree di infiltrazione della criminalità economica nel settore agroalimentare. Le tecniche più diffuse comprendono l’uso di prestanome, la falsificazione dei titoli PAC e la creazione di aziende fittizie per moltiplicare le richieste di sussidio.

Le autorità europee hanno già chiesto un rafforzamento dei controlli e l’introduzione di sistemi digitali di tracciabilità più stringenti, basati su immagini satellitari e dati incrociati tra Agea, Inps e catasti regionali. L’obiettivo è prevenire nuovi episodi di frodi fondi agricoli UE e tutelare chi lavora realmente nei campi.

 

Scritto da: Matteo Respinti

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