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today4 Agosto, 2025
In un momento critico per la sanità pubblica italiana, il governo lancia la riforma Schillaci, un pacchetto di misure che punta a tamponare l’emorragia di medici e infermieri, alleggerire i carichi di lavoro nei pronto soccorso e frenare il fenomeno della medicina difensiva. Ma tra scudo penale, incentivi economici e valorizzazione degli specializzandi, resta aperto l’interrogativo: queste misure riusciranno davvero a salvare il Servizio sanitario nazionale?
Ospedali in affanno, pronto soccorso al collasso, medici sempre più rari e infermieri costretti a turni massacranti. Questo il contesto in cui nasce la riforma Schillaci, presentata dal ministro della Salute, Orazio Schillaci, come disegno di legge delega al Consiglio dei ministri. L’obiettivo dichiarato è chiaro: fermare la fuga dei professionisti dalla sanità pubblica, intervenendo sulle condizioni lavorative, sulla formazione e sulle tutele legali per chi opera in prima linea.
Uno dei punti più urgenti riguarda la carenza di personale: secondo i dati ufficiali, mancano oggi 4mila medici di medicina generale e 65mila infermieri. Nei pronto soccorso il 38% del fabbisogno medico non è coperto, mentre il 17% dei turni resta scoperto quotidianamente. A questo si aggiunge una stima preoccupante per il futuro: entro il 2030 si prevede l’uscita dal sistema di 80mila medici e 110mila infermieri. Una vera e propria emorragia.
In questo contesto, la riforma Schillaci mira a intervenire su più livelli: dalle tutele giuridiche per i sanitari, alla revisione della formazione medica, fino a una maggiore valorizzazione economica per chi lavora nei reparti più critici o in zone disagiate.
Uno dei pilastri della riforma Schillaci è lo scudo penale per i medici e il personale sanitario. La misura, già introdotta temporaneamente durante l’emergenza Covid, viene ora stabilizzata: il nuovo articolo 7 del disegno di legge prevede che il personale sanitario sarà punibile solo in caso di colpa grave in relazione a lesioni o decessi dei pazienti. L’obiettivo è duplice: proteggere i professionisti da denunce considerate infondate e ridurre il ricorso alla medicina difensiva.
Secondo i dati forniti dal ministero, ogni anno in Italia si registrano circa 20mila denunce penali contro i medici, ma solo il 3% di queste porta a una condanna. Il resto contribuisce a congestionare i tribunali e crea un clima di sfiducia e timore tra i professionisti. In molti, infatti, preferiscono evitare interventi rischiosi per non incorrere in procedimenti giudiziari.
Un altro elemento innovativo riguarda l’introduzione del concetto di contesto operativo nella valutazione della responsabilità. L’articolo 8 del disegno di legge stabilisce che, in sede civile, si dovranno considerare anche le condizioni materiali e organizzative in cui opera il sanitario: carenze di personale, mancanza di attrezzature, situazioni emergenziali. È un riconoscimento formale di una realtà quotidiana per molti medici del sistema pubblico, costretti a lavorare in condizioni ben lontane da quelle ottimali.
Un altro asse fondamentale della riforma Schillaci è il rafforzamento della presenza degli specializzandi negli ospedali. Il governo vuole rendere più flessibile il loro impiego, permettendo ai giovani laureati in medicina, ancora in fase di formazione, di contribuire in modo strutturale all’assistenza sanitaria. L’intento è duplice: offrire loro un’occasione concreta di apprendimento sul campo e allo stesso tempo colmare i vuoti lasciati dalla carenza cronica di medici.
Nel disegno di legge si parla anche della riforma delle scuole di specializzazione, in particolare della medicina generale, oggi considerata poco attrattiva dai neolaureati. L’obiettivo è renderla più coerente con i bisogni del territorio, sia dal punto di vista della formazione che delle prospettive professionali.
La riforma Schillaci include inoltre un sistema di incentivi economici e professionali per chi accetta di lavorare in reparti critici, come i pronto soccorso, o in aree periferiche e interne dove la carenza di personale è più marcata. Il modello è simile a quello già sperimentato con le “aree carenti” della medicina di base, ma l’ambizione è estenderlo a tutto il comparto ospedaliero.
Infine, il ministro punta anche su strumenti di modernizzazione: tra i punti della delega rientra la promozione dell’intelligenza artificiale nella governance sanitaria, con l’obiettivo di ottimizzare risorse e tempi, semplificare i processi burocratici e migliorare l’efficienza delle strutture pubbliche.
Nonostante le promesse della riforma Schillaci, resta il dubbio sull’impatto reale delle misure annunciate. Il sistema sanitario italiano vive una crisi strutturale che si è aggravata negli ultimi dieci anni, e che la pandemia ha solo reso più visibile. I tentativi di risoluzione precedenti si sono spesso scontrati con difficoltà politiche, vincoli di bilancio e una burocrazia farraginosa.
Secondo i sindacati di categoria, la proposta va nella giusta direzione, ma rischia di essere tardiva. «Serve un piano straordinario immediato per il reclutamento e la stabilizzazione del personale», ha dichiarato il segretario dell’Anaao-Assomed, Pierino Di Silverio. «Senza un intervento radicale sul finanziamento della sanità pubblica, rischiamo di continuare a rincorrere l’emergenza».
Nel frattempo, si continua a ricorrere a soluzioni temporanee: cooperative di medici a gettone, professionisti in libera professione, specializzandi impiegati al limite delle loro competenze. Nel 43% dei casi, secondo i dati del ministero, non si riesce neppure a trovare un sostituto per i turni scoperti.
Scritto da: Matteo Respinti
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