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Semplificazione Green Deal: accordo Ue sul taglio delle regole per le imprese

today9 Dicembre, 2025

Sfondo

Il compromesso raggiunto tra Consiglio e Parlamento europeo sul pacchetto “Omnibus I” segna una svolta nella semplificazione Green Deal. Le istituzioni Ue hanno concordato di ridurre gli obblighi normativi che avrebbero coinvolto migliaia di imprese e di limitare i requisiti ESG ai soli grandi gruppi. Un cambiamento significativo, che riflette l’evoluzione politica del continente e la pressione economica esercitata da vari settori produttivi. Secondo la Commissione europea i risparmi amministrativi generati potrebbero raggiungere 4,5 miliardi di euro, senza, sostiene Bruxelles, rinunciare agli obiettivi ambientali.

La presidente Ursula von der Leyen parla di un risultato importante per “tagliare la burocrazia e rendere più semplice fare affari in Europa”. Ma dietro la semplificazione Green Deal si muove un contesto geopolitico complesso, tra le tensioni con gli Stati Uniti e lo spostamento a destra degli equilibri politici interni all’Eurocamera.

Riduzione degli obblighi ESG e nuova soglia per la Csrd

La semplificazione Green Deal prevede un ridimensionamento della direttiva sulla rendicontazione della sostenibilità (Csrd). L’obbligo di pubblicare dati su emissioni, uso delle risorse e impatti climatici si applicherà solo alle imprese con almeno mille dipendenti e un fatturato superiore a 450 milioni di euro. È un drastico ridimensionamento: più dell’80 per cento delle aziende precedentemente interessate non dovrà più adeguarsi.

Anche la direttiva sulla due diligence (Csddd) subisce modifiche profonde nell’ambito della semplificazione Green Deal. Sarà limitata ai gruppi con almeno 5.000 dipendenti e 1,5 miliardi di euro di fatturato. Non sarà inoltre più necessario presentare piani dettagliati di transizione climatica, uno degli aspetti più criticati dalle imprese per costi e complessità.

Il nuovo compromesso nasce dopo mesi di tensioni politiche. Il Parlamento europeo era arrivato a una spaccatura insolita, con la cosiddetta “maggioranza Ursula” divisa tra popolari, socialisti e liberali. Gli emendamenti più radicali sono passati grazie alla convergenza tra PPE e gruppi della destra e dell’estrema destra. La semplificazione Green Deal diventa così uno dei simboli del riposizionamento politico europeo verso un approccio più flessibile – o più indulgente – sulle norme ambientali.

Il ruolo della Commissione e le pressioni esterne degli Stati Uniti

Il pacchetto Omnibus I era stato proposto dalla Commissione a febbraio come parte di un filone più ampio di deregolamentazione. Nei prossimi mesi, Bruxelles prevede di introdurre almeno altri dieci interventi legislativi dedicati alla semplificazione Green Deal, toccando settori come chimica, industria pesante e agricoltura.

Ma il movimento non nasce solo da esigenze interne. Le imprese statunitensi che operano nell’Unione hanno criticato fin dall’inizio l’approccio europeo sulla sostenibilità. Exxon Mobil ha definito “inaccettabili” gli obblighi per le compagnie energetiche, sottolineando che gli standard extraterritoriali dell’Ue complicano i rapporti commerciali e rendono più difficile esportare energia verso il continente. Anche l’amministrazione Trump ha inviato più volte segnali di opposizione, chiedendo una revisione complessiva degli obblighi ESG.

La risposta europea, pur non esplicitando una retromarcia sul Green Deal, mostra come la semplificazione Green Deal sia diventata anche un terreno di dialogo – e di tensione – con Washington. Una dinamica che pesa sulle scelte legislative europee, spesso chiamate a contemperare sostenibilità e competitività internazionale.

Reazioni politiche e divisioni tra i governi

Il compromesso raggiunto nel trilogo deve ora essere formalmente approvato dal Consiglio Ue e dal Parlamento. Se tra gli Stati membri non si attendono ostacoli significativi, è possibile che a Strasburgo si riapra lo scontro politico. La maggioranza che ha sostenuto la Commissione nella scorsa legislatura mostra segni di fragilità e la semplificazione Green Deal diventa un tema identitario nella contesa tra popolari, socialisti e liberali.

Anche sul fronte nazionale le reazioni sono contrastanti. Alcuni governi considerano la revisione delle direttive un passo necessario per sostenere le imprese in un contesto economico difficile. Altri temono che la semplificazione Green Deal indebolisca gli obiettivi climatici e renda più complessa l’attuazione del pacchetto Fit for 55.

Sostiene l’accordo il ministro danese all’Industria Morten Bodskov, secondo cui non si tratta di un arretramento ambientale: «Non stiamo rimuovendo gli obiettivi green, stiamo rendendo più semplice raggiungerli». La sua posizione riflette una visione pragmatica: la legislazione ambientale, se troppo complessa, rischia di trasformarsi in oneri amministrativi che scoraggiano gli investimenti.

Una svolta che ridefinisce il futuro del Green Deal

Il compromesso su Omnibus I rappresenta un punto di svolta nella semplificazione Green Deal. L’Europa si trova a ridefinire l’equilibrio tra regolazione e competitività, cercando di preservare i propri obiettivi climatici senza penalizzare il tessuto produttivo. L’approccio adottato ora potrebbe influenzare tutte le future riforme del Green Deal, aprendo la strada a una stagione di norme più leggere ma anche di minori vincoli in materia ESG.

La sfida per la Commissione sarà garantire che la semplificazione Green Deal non diventi sinonimo di arretramento ambientale, ma di una strategia più efficace per coniugare crescita e decarbonizzazione.

Scritto da: Matteo Respinti

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