Economia

L’ISTAT sull’insicurezza alimentare nel 2024

today18 Ottobre, 2025

Sfondo

Analisi dei dati FAO e ISTAT sull’accesso al cibo e le disuguaglianze alimentari in Italia e in Europa nel 2024.

La FAO definisce l’insicurezza alimentare come “la condizione in cui si trovano le persone che non possono accedere, a causa di limitazioni fisiche o economiche, a un’alimentazione sana, nutriente, conforme alle proprie preferenze e idonea a sostenere una vita attiva e in buona salute”. Si tratta, pertanto, di un fenomeno assai complesso che va oltre la mancanza di cibo, poiché include anche la qualità nutrizionale dell’alimentazione, le preferenze alimentari e la dimensione sociale.

Indicatori internazionali e Agenda 2030

A livello internazionale, la misurazione del grado di insicurezza alimentare si calcola principalmente attraverso l’indicatore “prevalenza di insicurezza alimentare moderata o grave nella popolazione”, incluso anche tra gli indicatori SDG (sigla che sintetizza la definizione inglese di Sustainable Global Development). Tali indicatori costituiscono una serie di 17 obiettivi interconnessi e vengono descritti dall’ONU come la strategia “per ottenere un futuro migliore e più sostenibile per tutti”. Sono conosciuti anche come “Agenda 2030” .

Le misurazioni dell’ISTAT in Italia

In Italia, l’ISTAT ha aggiunto al suddetto indicatore anche altre misure di insicurezza alimentare, calcolate a partire dai dati raccolti dalla sua “Indagine su reddito e condizioni di vita nell’anno 2024”. Più in dettaglio, dobbiamo precisare che, per i minori di 16 anni, l’Istituto di statistica prende in considerazione anche alcuni indicatori specifici per questa fascia d’età, che si riferiscono agli aspetti qualitativi e sociali dell’alimentazione e che sono stati dedotti dal modulo specifico sulle condizioni dei minori, inserito, appunto, proprio nell’Indagine su reddito e condizioni di vita per l’anno 2024.

I dati FAO nel 2024

Secondo i dati FAO, nel 2024 l’indicatore di “prevalenza dell’insicurezza alimentare moderata o grave” a livello mondiale è pari al 28%, con notevoli distanze quantitative tra le diverse aree del mondo, che passano, quindi, dal 58,9% del Continente africano al 6,8% di quello europeo. Il Nord-America, dopo l’Europa, è l’area geografica che registra i più bassi tassi dell’indicatore (10,7%).

La situazione in Italia

In Italia lo scorso anno, il 5,5% dei residenti mostra almeno uno degli otto segnali di insicurezza alimentare definiti dalla scala FIES (Food Insecurity Experience Scale). Il segnale più diffuso, con il 4,3% di incidenza, consiste nell’aver mangiato solo alcuni tipi di cibo: segnale che, nella scala ordinata per gravità (che va dal meno grave al più grave) si colloca al terzo posto, seguito dall’essere preoccupati di non avere abbastanza cibo da mangiare (primo posto) e dal non aver potuto mangiare del cibo salutare e nutriente (secondo posto), entrambi pari al 2,5%.

I segnali FIES che rilevano l’insicurezza alimentare più grave (e cioè, aver avuto fame non avendo potuto mangiare e non aver mangiato per un giorno intero) presentano, invece, un’incidenza inferiore all’1% ( rispettivamente allo 0,7% ed allo 0,5%).

Differenze geografiche e sociali

Sempre l’ISTAT spiega che l’indicatore di prevalenza dell’insicurezza “moderata o grave” è pari all’1,3%, con un ampio divario tra il Mezzogiorno (2,7%) e il resto del Paese (0,6% nel Nord, 0,8% nel Centro). Rispetto al 2022, l’ISTAT osserva un miglioramento dell’indicatore sia a livello nazionale (era 2,2%), sia a livello di ripartizione geografica (era 1,4% nel Nord, 1,5% nel Centro e 3,8% nel Mezzogiorno).

Inoltre, la prevalenza dell’insicurezza alimentare moderata o grave è maggiore nelle grandi città (1,6%), mentre le zone rurali o scarsamente popolate risultano meno esposte (0,9%) ed è anche più presente tra gli individui stranieri (1,8%) rispetto a quelli di cittadinanza italiana (1,3%). Le differenze non risultano essere particolarmente significative tra uomini e donne e nemmeno tra adulti e minori, ma lo sono invece tra coloro che presentano, per motivi di salute, limitazioni nelle attività abituali (2,4%) e coloro che non hanno alcuna limitazione (1%).

Il contesto europeo

A livello europeo, il non potersi permettere un pasto proteico almeno ogni due giorni – inteso come indicatore della difficoltà di alimentarsi adeguatamente – è uno dei 13 segnali che contribuiscono a definire l’indicatore continentale di “grave deprivazione materiale e sociale”. Indicatore che, nella media dell’Unione europea, mostra un lieve miglioramento tra il 2023 e il 2024 (dal 6,8% al 6,4%), unitamente a quello che si rileva in merito all’indicatore sul pasto proteico, che dal 9,5% del 2023 scende all’8,5% del 2024.

L’Italia nel confronto europeo

In Italia, a fronte di una sostanziale stabilità della grave deprivazione materiale e sociale (era al 4,6% nel 2024 ed al 4,7% nel 2023), la quota di popolazione che non può permettersi un pasto proteico è in aumento, passando dall’8,4 % del 2023 al 9,9% nel 2024 (quasi una persona su 10).

Le percentuali più alte si registrano, comunque, in Bulgaria (18,7%), Slovacchia (17,1%) e Romania (16,3%). Ed in questa classifica, l’Italia si posiziona al 19esimo posto (9,9%), prima della Germania (11,2%) e della Francia (10,2%). In Spagna, invece, la quota di persone che non possono disporre un pasto proteico ogni due giorni si attesta al 6,1% ed è, quindi, di 2,5 punti percentuali inferiore alla media europea. Le quote più basse si rilevano, infine, per Cipro (1,2%), Irlanda (1,8%) e Portogallo (2,5%).

Scritto da: Ferruccio Bovio

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