Economia

In crisi il commercio sulle aree pubbliche

today4 Novembre, 2025

Sfondo

Crollo delle imprese ambulanti e incertezza normativa mettono in crisi i mercati italiani.

Il sistema dei mercati e del commercio su aree pubbliche sta attraversando un momento di gravi difficoltà. Infatti, negli ultimi dieci anni, il settore ha fatto registrare una contrazione davvero preoccupante: tanto è vero che, dal 2014 al 2024, sono venute meno oltre 42mila imprese, pari a un calo del 22,4% (in pratica, più di una su cinque).

In particolare, in alcuni tipi di merceologie la riduzione è risultata drammatica: si pensi, ad esempio, ad abbigliamento, tessuti e calzature che hanno segnato una contrazione di quasi il 55% oppure anche ai banchi alimentari che sono diminuiti del -18%.

Lo studio di ANVA Confesercenti

A rivelarlo è lo studio intitolato “I Mercati si svuotano: si può ancora parlare di scarsità della risorsa?”, che è appena stato presentato da ANVA Confesercenti (l’Associazione Nazionale Venditori Ambulanti) in occasione dell’Assemblea dell’Associazione, che si e tenuta a Roma. Più in dettaglio, la scomparsa degli ambulanti procede più rapidamente nel Nord-Est e al Centro, con cali rispettivamente del 32,6% e del 27,3% sul 2014.

Tra le regioni, il calo più vistoso si è verificato nelle Marche (con un -54,5%), mentre la contrazione si manifesta in forme mediamente più contenute nel Mezzogiorno (dove il dato si attesta al -15,9%). Ma a ridursi è anche la natalità stessa delle imprese, visto che le nuove iscrizioni sono scese da oltre 22mila del 2014 a poco più di 15.600 nel 2024, facendo così segnare un crollo del -30%. Inoltre – sempre secondo ANVA Confesercenti – la quota economica del comparto sulla spesa delle famiglie è scesa al 3%, due punti in meno rispetto a dieci anni fa: per cui si stima un fatturato perso di circa 4,5 miliardi di euro.

L’incertezza normativa e i posteggi vuoti

A rendere ancora più complicato questo scenario, si aggiunge pure “l’incertezza normativa legata alla direttiva Bolkestein, ai rinnovi delle concessioni e all’assenza, ancora oggi, di linee guida definitive, con conseguente rallentamento degli investimenti e blocco del rilascio di nuove autorizzazioni”. La diminuzione delle imprese si accompagna, infatti, alla crescita dei posteggi vuoti: oggi, infatti, in media, un quarto degli spazi disponibili nei mercati risulta libero, per un totale di circa 53mila postazioni che rimangono inoccupate in tutta Italia.

Nel frattempo, il valore delle licenze si è ridimensionato di circa il 70%, passando da 30mila euro a 9mila euro: altro segnale di una crisi strutturale che non può che incidere negativamente sulla possibilità di investimento e sul ricambio generazionale. Un andamento – spiega ANVA Confesercenti – che “smentisce la narrazione della scarsità della risorsa” e rende, quindi, necessario un ripensamento urgente delle politiche di settore.

Un comparto a rischio

“A rischio – secondo la presidenza dell’Associazione -non c’è, dunque, solamente un comparto storico della microimprenditorialità italiana. A rischio è anche la tenuta commerciale e sociale di territori in cui i mercati rappresentano presidio economico, servizio di prossimità e coesione”.

Se in dieci anni il settore ha perso più di un’impresa su cinque, significa che è suonato un campanello d’allarme che non è più possibile ignorare. Servono però, “certezze e una riforma capace di sostenere l’attività di chi oggi garantisce servizi di prossimità nei territori, rafforzando presidi economici e sociali fondamentali per le comunità”.

Tornare a crescere non è impossibile, ma ci vogliono strumenti adeguati. Secondo le stime dell’ANVA Confesercenti, il 60% delle imprese ha ancora margini di sviluppo, mentre il 40% avrà bisogno, invece, di un aiuto per riconvertirsi. Per questo motivo, i venditori ambulanti italiani chiedono “stabilità normativa, una fiscalità che sostenga chi investe, lotta all’abusivismo, formazione e digitalizzazione, insieme a percorsi per il ricambio imprenditoriale e interventi mirati a riqualificare l’offerta”.

Difendere un patrimonio economico e sociale

In conclusione, si tratta di un comparto che ha sempre garantito dinamismo ed inclusione nei territori: pertanto, tutelarlo vuol dire, innanzitutto, evitare nuova desertificazione commerciale e difendere una parte fondamentale della nostra identità economica e sociale.

Scritto da: Ferruccio Bovio

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