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Il Rapporto OsMed 2024, realizzato dall’AIFA (Agenzia italiana del farmaco), sull’uso dei farmaci in nel nostro Paese, segnala che, nel 2024, sono state giornalmente consumate 1.895 dosi di medicinali ogni 1000.
In pratica, ogni cittadino – bambini compresi – ha assunto circa 1,9 dosi di medicinale. Il 70,8% è erogato a carico del Servizio Sanitario Nazionale, mentre il restante 29,2% viene acquistato privatamente, per un totale di quasi 2 miliardi di confezioni, in lieve calo rispetto al 2023.
Tra i dati più recenti relativi ai consumi dei farmaci in Italia, il Rapporto indica la crescita dei prodotti anti obesità (+13%) e degli psicofarmaci tra i minori che, infatti, sono raddoppiati in un decennio.
Più in dettaglio, lo scorso anno circa 4,6 milioni di bambini e adolescenti italiani (fino ai 17 anni) hanno ricevuto almeno una prescrizione farmaceutica: e stiamo, dunque, parlando di numeri che corrispondono alla metà della popolazione pediatrica nazionale.
L’AIFA rivela, inoltre, che tra i prodotti rimborsati dal Servizio Sanitario Nazionale, quelli per il sistema cardiovascolare si confermano al primo posto per i consumi (con 523 dosi giornaliere per 1000 abitanti) e al secondo per la spesa (3,7 miliardi di euro), dietro agli antitumorali e immunomodulatori (circa 8,2 miliardi di euro).
Al secondo posto per consumi si piazzano, invece, i farmaci destinati all’apparato gastrointestinale e metabolismo (296 dosi giornaliere per 1000 abitanti), i quali costituiscono la terza categoria in termini di spesa (3 miliardi e 495 milioni di euro), con un importo pro capite per il SSN pari a 59,3 euro ed in aumento del 5,1% rispetto allo scorso anno.
I farmaci del sangue e organi emopoietici occupano poi la terza posizione per quanto riguarda i consumi (con 145,2 dosi giornaliere ogni 1000 abitanti) e la quinta in termini di spesa (per un importo di 2 miliardi e 647 milioni di euro). I farmaci del sistema nervoso centrale si posizionano, invece, al quarto posto per consumi (99,8 dosi giornaliere ogni 1.000 abitanti) e al sesto in quanto a livelli di spesa (con 2 miliardi e 148 milioni di euro).
Nel complesso, nel 2024 il 68% degli assistiti ha ricevuto almeno una prescrizione di farmaci, con le donne che ne hanno fruito maggiormente (72,1%) rispetto agli uomini (63,6%). Le differenze di genere risultano più accentuate nella fascia di età tra i 20 e i 59 anni, nella quale le donne richiedono più prescrizioni di antibiotici, antianemici e farmaci del sistema nervoso centrale, in particolare antidepressivi.
Come già accennato, in meno di 10 anni è più che raddoppiato l’uso di psicofarmaci nei bambini e negli adolescenti italiani: tanto è vero che, mentre, nel 2016, li assumeva lo 0,26% dei minori, nel 2024 si è passati, invece, ad una percentuale dello 0,57%, che corrisponde ad un minore ogni 175.
Di conseguenza, il consumo di psicofarmaci è, a sua volta, passato da 20,6 confezioni ogni 1.000 bambini a 59,3 confezioni. In particolare, i farmaci per la salute mentale più prescritti nei minori sono soprattutto antipsicotici, antidepressivi e farmaci per deficit di attenzione e iperattività. Le prescrizioni si incrementano di pari passo con l’aumentare dell’età, con la fascia compresa tra i 12 ed i 17 anni che denota il livello di consumo più elevato: e cioè, 129,1 confezioni per 1.000.
Si tratta di una tendenza allineata con i risultati di altri studi epidemiologici internazionali, che hanno riscontrato una diffusa crescita in merito all’aumento dei tassi di prescrizione di questi medicinali in tutti i Paesi del mondo, soprattutto in seguito alla pandemia.
“In Italia – precisa però l’AIFA – nonostante l’aumento osservato negli ultimi anni, in parte legato alle conseguenze dell’emergenza pandemica sulla salute mentale di bambini e adolescenti, l’uso dei farmaci psicotropi rimane, comunque, sensibilmente più basso rispetto ad altri Paesi”.
Infatti, nel 2024, la prescrizione di questi medicinali nella popolazione pediatrica italiana si attesta allo 0,57%: un dato, quindi, che sebbene raddoppiato rispetto al 2020 (quando era allo 0,30%), resta, tuttavia, ancora sensibilmente inferiore rispetto ad altri Paesi europei (ad esempio la Francia con 1,61%) ed extra‐europei (come gli Usa con una percentuale che oscilla tra il 24,7% ed il 26,3%).
Scritto da: Ferruccio Bovio
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