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today25 Novembre, 2025
La Coldiretti denuncia: servono più aree verdi e una gestione professionale dei boschi per tutelare salute, ambiente e biodiversità.
In occasione della Giornata nazionale degli Alberi che si è appena celebrata, la Coldiretti ha pubblicato una nota dalla quale emerge come, in Italia, le aree verdi urbane costituiscano solamente il 2,9% dei territori comunali, mentre i parchi e giardini con aree gioco si fermano addirittura ad una quota inferiore.
E questo avviene nonostante siano numerosissimi gli studi che attestano i notevolissimi benefici che gli alberi e le aree verdi apportano sia alla salute degli adulti, che alla crescita dei bambini, poiché – si legge nella nota – “aiutano lo sviluppo cerebrale, migliorando le funzioni cognitive, oltre a fornire importanti occasioni esperienziali, migliorando creatività, il senso di equilibrio, memoria di lavoro, mantenimento delle informazioni e la capacità di elaborazione”.
Occorre, pertanto, aumentare la presenza del verde urbano, a partire dalle aree frequentate dai bambini, come ad esempio le scuole. E parte, quindi, proprio da queste considerazioni l’appello della Coldiretti alle pubbliche amministrazioni, affinché venga posto in atto quel cambio di passo necessario a garantire la presenza di alberi che, oltre ad essere fondamentali per la salute fisica e mentale, contribuiscono decisamente anche alla riduzione delle emissioni di CO2, al miglioramento della qualità dell’aria, alla tutela della biodiversità ed alla riduzione delle temperature.
L’Associazione dei coltivatori italiani ricorda, inoltre, come un albero adulto sia in grado di catturare dall’aria dai 100 ai 250 grammi di polveri sottili, mentre un ettaro di piante riesce aspirare dall’ambiente ben ventimila chili di CO2 all’anno.
Naturalmente – continua l’analisi – non basta incrementare la disponibilità di verde, se poi manca una corretta gestione del patrimonio arboreo già esistente il quale, purtroppo, viene sovente messo a rischio da interventi approssimativi affidati a soggetti non adeguatamente qualificati, oppure da attività di altra genere come scavi o rifacimenti di marciapiedi che causano a volte il taglio delle radici. Tutto questo provoca, inevitabilmente, l’indebolimento delle piante che rimangono esposte ai rischi legati ai cambiamenti climatici, con effetti nocivi sulla sicurezza dei cittadini e con la compromissione dei benefici forniti per la salute e l’ambiente.
E’ indispensabile, dunque, un coinvolgimento più diretto di veri professionisti del verde: come i florovivaisti per quanto riguarda la produzione di alberi di qualità e delle specie adatte a contrastare i cambiamenti climatici o come gli arboricoltori per gli interventi di cura. E a questo proposito, molto importante, dal punto di vista della professionalità, è la circolare dello scorso febbraio con cui – su richiesta proprio della Coldiretti – il Ministero del Lavoro ha rivisto le istruzioni per l’esecuzione di lavori su alberi con funi, aggiornando le misure di sicurezza.
Tuttavia, un salto di qualità è richiesto pure sul versante della gestione dei boschi italiani: Federforeste segnala, infatti, che il 38% della superficie nazionale è coperta da foreste che, per quanto nel giro di un trentennio siano aumentate del 20%, hanno comunque dovuto subire – a causa dell’incuria e dell’abbandono – un forte aumento del rischio di incendi e di dissesto idrogeologico, oltre alla perdita di biodiversità ed all’indebolimento degli ecosistemi.
Uno stato di cose che rende, dunque, necessaria una gestione attiva e sostenibile, che includa interventi come i diradamenti e la creazione di fasce tagliafuoco, per aiutare la foresta a rimanere sana, resiliente e produttiva.
Oltre a ciò, sempre Federforeste segnala pure che il tasso di prelievo forestale (e cioè, del volume del legno sottratto al bosco dall’uomo) in Italia si aggira sulla media del 27%, contro il 64% degli altri Paesi europei. E una foresta non gestita diventa fragile, accumula rischio e non produce valore.
Di conseguenza – conclude la nota di Coldiretti – occorre superare la frammentazione fondiaria, ricorrendo ai consorzi o, comunque, ad altre forme associative, poiché “senza una governance unitaria, i boschi restano ingovernabili e inutilizzabili”. Fortunatamente, in Italia, esistono però già oltre diecimila soggetti – fra boscaioli e aziende agricole forestali – che sono impegnati nella buona gestione degli alberi e nella prima lavorazione dei tronchi e che costituiscono, quindi, “un serbatoio di esperienza e professionalità da cui partire per salvare il patrimonio forestale nazionale”.
Scritto da: Ferruccio Bovio
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