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today27 Novembre, 2025
Un’analisi approfondita del Rapporto Confartigianato che evidenzia come tasse elevate, burocrazia, costi energetici e difficoltà di accesso al credito stiano penalizzando la competitività delle micro e piccole imprese italiane.
Il Rapporto dell’Ufficio Studi della Confartigianato – presentato in occasione dell’Assemblea Nazionale della Confederazione stessa – segnala la presenza di uno scenario assai poco favorevole nei confronti di quegli imprenditori che si sforzano di mantenere l’Italia agganciata al treno della crescita, in un contesto geopolitico divenuto sempre più difficile.
Fisco, burocrazia, costo del denaro, caro-energia e mancanza di manodopera qualificata costituiscono, infatti, un terreno molto scivoloso, sul quale non è facile rimanere in equilibrio per le 4,6 milioni di micro e piccole imprese italiane impegnate a competere sui mercati globali, investire in sostenibilità e innovazione.
Negli ultimi 20 anni, le economie dei cosiddetti Paesi emergenti hanno accresciuto la loro quota di partecipazione al PIL mondiale di ben 17,3 punti percentuali, a differenza di quelle dell’Unione Europea che ne hanno, invece, persi 6,8: un chiaro sintomo di “progressivo indebolimento del blocco europeo rispetto alla competizione internazionale”. E a tutto ciò, il rapporto Confartigianato aggiunge anche la “crescente pressione commerciale proveniente dalla dalla Cina”, considerato che, tra gennaio e agosto 2025, le nostre importazioni dal gigante asiatico sono aumentate del 24,5%, rispetto al +9,4% della media europea.
La pressione fiscale – lamenta la principale Organizzazione degli artigiani italiani – resta uno dei principali fattori che tendono a frenare lo sviluppo delle nostre aziende: basti pensare che, nel 2025, il carico tributario nazionale si attesta al 43,1% del PIL: e vale a dire, a 1,9 punti percentuali al di sopra della media dell’Eurozona, rappresentando, tra l’altro, lo scarto più alto degli ultimi dieci anni. Stiamo, dunque, parlando di un “tax gap” che Confartigianato stima in 42,9 miliardi di euro di maggiori tassazioni su famiglie e imprese, pari ad un onere di 728 euro pro capite. Il nostro Paese si conferma così al sesto posto nella UE, in quanto a carico fiscale.
A gravare ulteriormente sulla stabilità delle imprese – prosegue il Rapporto – c’è poi la tassazione sul lavoro, “la più elevata in Europa”, visto che l’aliquota arriva al 44%: e cioè, 7 punti sopra la media continentale e con il cuneo fiscale sul lavoro che si colloca al 47,1%, figurando, quindi, come il quarto dato più alto tra tutti i 38 Paesi che compongono l’ Ocse.
E tanto per far piovere sul bagnato, nonostante il calo dei prezzi energetici nel contesto europeo, le attività italiane continuano, comunque, a pagare l’elettricità addirittura il 24,3% in più della media comunitaria: uno scarto che, per le piccole imprese, si traduce in 5,4 miliardi di euro da sopportare in maggiori costi energetici rispetto ai loro concorrenti europei.
Pure per quanto concerne il costo del denaro, gli ostacoli non vengono certo a mancare, dal momento che, a settembre 2025, i tassi sui nuovi finanziamenti alle imprese risultavano ancora maggiori di 188 punti base, rispetto a quelli riscontrati a giugno 2022: e questa restrizione creditizia – spiega sempre Confartigianato – colpisce soprattutto le piccole aziende. Non a caso, a giugno 2025, i prestiti alle micro e piccole imprese sono diminuiti del 5% sul 2024.
Però, le cose non vanno bene nemmeno sul fronte del complicato funzionamento della macchina amministrativa. Infatti, quest’anno, il 74% degli imprenditori italiani hanno indicato la burocrazia come un grave ostacolo al normale svolgimento delle loro attività – 8 punti sopra la media UE – collocando così l’Italia al quinto posto tra i Paesi più penalizzati. La qualità dei servizi pubblici resta, pertanto, tra le più basse del Continente: tanto è vero che solo il 34% dei cittadini si dichiara soddisfatto (–21 punti rispetto alla media UE), mentre l’interazione digitale con la Pubblica Amministrazione si ferma alla percentuale del 4,9%: ossia al 25esimo posto nell’Unione Europea.
Infine, Confartigianato conclude la sua analisi segnalando come i nostri imprenditori debbano anche fare i conti con il problema della carenza di manodopera qualificata. Risulta, infatti, assai difficoltoso – nel 53% dei casi – reperire sul mercato del lavoro degli addetti in possesso di adeguate qualifiche digitali.
Scritto da: Ferruccio Bovio
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