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Gli alimentari costano oggi in Italia quasi un terzo in più del 2019. A rivelarlo è la Nota sull’andamento dell’economia appena pubblicata dall’Istat, in cui si evidenzia come, comunque, si tratti di aumenti inferiori a quelli riscontrati nella media dell’Unione europea.
Scrive l’Istituto di statistica che “in conseguenza della forte impennata registrata tra la fine del 2021 e i primi mesi del 2023 e al successivo perdurare di una significativa, seppure più moderata, tendenza alla crescita (fenomeni che hanno riguardato l’intera Europa), i prezzi al consumo (indice armonizzato) dei beni alimentari (cibo e bevande non alcoliche) risultano in Italia avere raggiunto a luglio 2025 (ultimo dato disponibile) un livello più elevato del 30,1% rispetto a quello medio del 2019”.
Tuttavia, come si è accennato, nel confronto europeo, la dinamica al rialzo registrata nel nostro Paese appare sensibilmente più contenuta sia rispetto alla media dell’Europa a 27 (che si attesta al +39,2%), che rispetto a quelle della Germania (+40,3%) e della Spagna (+38,2%). Invece, nello stesso periodo, l’aumento in Francia è stato relativamente minore (+27,5%).
Sempre l’Istat spiega anche come la “la forte dinamica dei prezzi dei beni alimentari, che rappresentano l’88,5% del totale dei beni inclusi nel carrello della spesa (che comprende beni alimentari e beni per la cura della casa e della persona), abbia condizionato l’andamento di questo indice, le cui variazioni tendenziali sono passate dal 3,2% di luglio al 3,5% in agosto. Si è così ulteriormente ampliato il differenziale d’inflazione tra il carrello della spesa e l’indice complessivo, quest’ultimo influenzato anche dalla dinamica degli energetici: dai 2 decimi di punto a marzo 2025 a 1,9 punti percentuali ad agosto”.
Un altro aspetto sul quale si sofferma la Nota dell’Istat è quello che riguarda le esportazioni dell’industria farmaceutica italiana verso gli Stati Uniti, le quali sono quasi raddoppiate nel primo trimestre rispetto allo stesso periodo del 2024 e sono ulteriormente cresciute di oltre il 60% nel secondo. Pertanto, le vendite di questo settore rappresentano all’incirca un quarto dei flussi complessivi diretti negli Stati Uniti. La Nota in questione riporta, comunque, dati che sono riferiti al periodo precedente l’accordo recentemente stipulato in Scozia sui dazi.
A diminuire sono state, invece, le esportazioni di bevande (-2,7%, da +13,9%), di macchinari (-9,7% da -8,4%) e mezzi di trasporto (in particolare -35,8% gli autoveicoli, dal +9,2% precedente; -6,5%, da +15,9%, gli altri mezzi di trasporto), mentre è rallentata la crescita dell’export di beni alimentari (+1,1%, da +9,2%).
Dal lato delle importazioni, gli acquisti di prodotti farmaceutici – diminuiti nel primo trimestre (-38,9% la variazione in termini tendenziali) – sono poi quasi raddoppiati tra aprile e giugno (+91,2%). Tra gli altri beni si è, invece, osservato un incremento delle importazioni di metalli di base (+19,7% e +59,2% la variazione rispettivamente nel primo e nel secondo trimestre dell’anno), computer (+9,0% e +13,7%) e prodotti di elettronica (+16,1% e +14,9%).
La Nota dell’Istat riserva ampio spazio anche agli impatti dei bonus sociali sulla povertà energetica, spiegando che i sussidi energetici elargiti tramite i bonus sociali e gli sconti in bolletta – rafforzati a partire dal 2021 – sono stati efficaci nel compensare l’impatto dell’aumento dei prezzi dell’energia per le famiglie in condizioni di povertà energetica in particolare nel 2022, anno di picco dei prezzi energetici. Ciò nonostante, una quota significativa di famiglie in condizioni di povertà energetica non è rientrata tra quelle beneficiarie della misura di welfare: o perché non ha presentato un’attestazione Isee, oppure perché priva dei requisiti Isee necessari per l’accesso ai bonus.
Di conseguenza, l’Istat rileva che, nel 2021, il 62,2% delle famiglie in povertà energetica non ha ricevuto i bonus, il 24,3% ha ricevuto i bonus pur rimanendo in condizioni di povertà energetica e il 13,5% è, invece, uscito dalla povertà grazie ai sussidi. Le ragioni principali per cui alcune delle famiglie in povertà energetica non sono raggiunte dal sussidio sono due:
Il quadro è poi migliorato nel 2022, quando la quota di famiglie in povertà energetica non raggiunte dai bonus sociali è diminuita al 39,1%, mentre i bonus hanno permesso al 38,5% delle famiglie beneficiarie di uscire dalla povertà energetica. Nel 2023, quando gli importi ricevuti dai beneficiari si sono ridotti, si è osservato il 30,9% di famiglie che, pur avendo ricevuto il bonus, sono rimaste in condizioni di povertà energetica. Infine, nel 2024, più della metà delle famiglie in condizioni di povertà energetica non sono state raggiunte dai sussidi e si è registrata la percentuale più alta di nuclei che, pur ricevendo il bonus, sono rimasti in condizioni di povertà (52,6%).
Scritto da: Ferruccio Bovio
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