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today22 Luglio 2025
Analisi FABI: +14% utile netto nel 2024, ricavi a 110 mld, industria in evoluzione tra concentrazione, razionalizzazione filiali e tassi BCE.
Uno studio pubblicato dalla FABI (Federazione Autonoma Bancari italiani) rivela che, nel 2024, le banche italiane hanno totalizzato un nuovo massimo storico in termini di utile netto, avendo raggiunto i 46,5 miliardi di euro, con un incremento di 5,6 miliardi rispetto al 2023, pari a una crescita annua del più 14%. Questo risultato porta la somma degli utili realizzati nel triennio 2022–2024 a oltre 112 miliardi ed evidenzia una fase eccezionale di redditività per il sistema bancario nazionale.
Un “triennio d’oro” – si legge nel documento – sostenuto da un “contesto monetario straordinariamente favorevole, legato alla stretta sui tassi d’interesse operata dalla Banca centrale europea a partire dalla metà del 2022, che ha rilanciato la redditività dell’intermediazione creditizia, ovvero i profitti legati ai prestiti a famiglie e imprese”.
Tra il 2018 e il 2021 – spiega sempre la FABI – il sistema bancario italiano aveva, invece, registrato utili medi compresi tra i 15 e i 16 miliardi l’anno, con un minimo assoluto nel 2020 – l’anno della pandemia – in cui i profitti si erano fermati a soli 2 miliardi.
Ma anche per quanto concerne i ricavi, nel 2024, i nostri istituti di credito hanno toccato un altro risultato storico, raggiungendo un ammontare complessivo di 110,1 miliardi di euro e confermando quindi, anche su questo versante, un periodo di espansione consecutiva che dura ormai da tre anni.
Si tratta, infatti, del livello più alto mai raggiunto dal settore bancario italiano, frutto di un percorso di crescita ormai consolidato che ha visto un incremento di 7,3 miliardi rispetto al 2023 (pari a un +7,2% su base annua) e di 27 miliardi rispetto al 2018 (con un salto netto di addirittura il 33,8%).
Un altro aspetto sul quale si sofferma l’analisi della FABI è quello della geografia del settore bancario nazionale che, a partire dal 2018, ha subito una profonda trasformazione, caratterizzata da una sensibile riduzione del numero degli operatori e da una razionalizzazione capillare della rete territoriale. In sei anni, il numero complessivo di banche e gruppi bancari è, infatti, calato da 505 a 420 unità, con una contrazione del 17%, che rappresenta un segnale evidente del processo di concentrazione e accorpamento che ha coinvolto l’intero settore.
Il ridimensionamento ha riguardato tutte le componenti del sistema, ma è stato particolarmente incisivo nel mondo del credito cooperativo e delle banche popolari: non a caso, le banche popolari sono diminuite da 22 a 16, mentre le banche di credito cooperativo si sono ridotte da 268 a 218, in linea con l’operazione di riforma e centralizzazione avviata nel 2016 e culminata nella nascita dei grandi gruppi cooperativi.
Al tempo stesso, si è pure pesantemente ridotto il numero degli sportelli bancari, passati dai 25.409 del 2018 ai 19.655 del 2024, con un taglio di quasi 6.000 filiali (-22,6%). La mappa del credito si è dunque diradata, soprattutto nelle aree periferiche, come conseguenza delle strategie di razionalizzazione decise dai vertici delle banche.
Questa trasformazione del settore non ha avuto però – almeno per ora – alcun impatto sociale, visto che tutti gli istituti di credito, per quanto riguarda gli esuberi di personale, hanno gestito le varie situazioni ricorrendo a pensionamenti e prepensionamenti (entrambi su base volontaria), mentre, contestualmente, veniva garantito un importante ricambio generazionale, grazie al Fondo per l’occupazione.
Questa trasformazione del settore non ha avuto però – almeno per ora – alcun impatto sociale, visto che tutti gli istituti di credito, per quanto riguarda gli esuberi di personale, hanno gestito le varie situazioni ricorrendo a pensionamenti e prepensionamenti su base volontaria, mentre, contestualmente, veniva garantito un importante ricambio generazionale, grazie al “Fondo per l’occupazione” della FABI.
Scritto da: Ferruccio Bovio
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