Secondo un’analisi dell’Ufficio Studi della CGIA di Mestre, ci sono segnali di ripresa nel credito alle imprese, ma le piccole realtà restano indietro.
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Secondo un’analisi dell’Ufficio Studi della CGIA di Mestre, ci sono segnali di ripresa nel credito alle imprese, ma le piccole realtà restano indietro.
Un’analisi pubblicata dall’Ufficio Studi della CGIA di Mestre evidenzia che, trascorsi 28 mesi consecutivi durante i quali si era verificata una caduta verticale degli impieghi bancari alle imprese, dall’inizio dell’estate 2025 si è registrata una salutare inversione di tendenza. Infatti, tra giugno e settembre, i prestiti sono tornati ad aumentare, tanto è vero che, rispetto all’inizio di quest’anno, lo stock erogato alle attività economiche è cresciuto di quasi 5,5 miliardi di euro, raggiungendo, in termini complessivi, la quota di 647 miliardi, che costituiscono ben 5,5 miliardi in più rispetto dato riferito al 31 dicembre 2024.
Ciò nonostante, va, comunque, ricordato che non tutte le imprese hanno beneficiato di questa rinnovata propensione del sistema bancario ad iniettare liquidità nell’economia italiana. In particolare, nei primi sette mesi del 2025, le attività con più di 20 addetti hanno conosciuto una variazione in senso espansivo pari all’1,5% (+8,2 miliardi di euro), mentre per le aziende con meno di 20 addetti l’andamento è risultato negativo (-2,8%). E si tratta di un fenomeno tutt’altro che trascurabile, visto che, nel nostro Paese, le attività con meno di 20 addetti costituiscono il 98 % del totale e danno lavoro a quasi il 55 % degli Italiani.
Purtroppo – spiega la CGIA – “da qualche anno molte banche hanno deciso di sacrificare i prestiti più complicati: ovvero quelli da erogare alle piccolissime imprese” che, rispetto alle realtà di dimensione maggiore, presentano costi di istruttoria relativamente più elevati e una gestione amministrativa molto più complessa.
Oltre a ciò, i fenomeni di aggregazione (che hanno profondamente modificato il settore bancario negli ultimi vent’anni) hanno finito per alimentare molte preoccupazioni in merito allo scarso interesse degli istituti di maggiori dimensioni nei confronti delle piccole imprese. Pertanto – continuano gli analisti mestrini – “le fusioni hanno provocato un’eccessiva concentrazione del rischio creditizio, determinando conseguentemente una contrazione dell’erogazione del credito”.
Tuttavia, al di là di queste effettive criticità, non sarebbe corretto affermare che le banche non ricoprano più un ruolo fondamentale nel panorama economico del nostro Paese. Al contrario, continuano a giocare un ruolo decisivo nel supportare il tessuto produttivo nazionale, il quale necessita sempre di liquidità per crescere e prosperare.
E stiamo parlando di un contributo che, specialmente per il futuro di tanti artigiani e piccoli imprenditori, risulta tuttora indispensabile, dal momento che solo un adeguato accesso al credito può consentire loro di portare avanti le proprie attività, creando nuovi posti di lavoro e valorizzando il Made in Italy.
Pertanto – osserva ancora la CGIA – “se dallo scorso mese di giugno gli istituti di credito hanno ricominciato a dare liquidità al sistema delle imprese, vuol dire che si sono create le condizioni di stabilità e di fiducia che negli ultimi anni erano venute meno”. Ed a conferma di queste considerazioni, le sofferenze bancarie sono in forte calo e la riduzione del tasso di interesse praticato dalla BCE ha creato un quadro generale più favorevole per i debitori.
A livello territoriale, l’indagine in questione rivela che, tra il 31 dicembre del 2024 e la fine dello scorso mese di luglio, quasi la metà delle province italiane non ha ancora visto aumentare i prestiti bancari alle imprese. Più in dettaglio, le situazioni più difficili si riscontrano a Imperia e Prato (-5,6%), seguite da Vercelli (-5,7%) e Avellino (-5,8%, pari a -109 milioni). Tra le realtà più virtuose, Aosta guida la classifica con un aumento del 18,3% (+284,6 milioni di euro), seguita da Trieste (+12,8%, +383,5 milioni) e Oristano (+9,2%, +65,7 milioni).
Tra le regioni, a preoccupare è soprattutto il trend negativo del Veneto, che tra il 31 dicembre del 2024 e il 31 luglio scorso lamenta una contrazione degli impieghi dell’1,4% (-868 milioni di euro). E ad aggravare la situazione – sempre secondo la CGIA – c’è anche il fatto che le difficoltà affondano le radici nel 2013 e nel 2017, anni che videro la scomparsa di Banca Antonveneta, Veneto Banca, Banca Popolare di Vicenza e Banco Popolare. Male anche l’Umbria (-1,4%, -125 milioni) ed il Molise (-2,1%, -28 milioni).
Scritto da: Ferruccio Bovio
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