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In base ad un’analisi pubblicata dall’Ufficio Studi della CGIA di Mestre, le aree geografiche del Paese caratterizzate dai più elevati livelli di soddisfazione lavorativa risultano essere le province di Aosta, Trento e Bolzano: tutti territori situati in zone montane.
In particolare, in questa ricerca, è stata calcolata la percentuale di lavoratori che hanno espresso un alto grado di apprezzamento per la propria attività professionale, prendendo in considerazione svariati fattori, quali le opportunità di carriera, l’orario di lavoro, la stabilità occupazionale, la distanza tra casa e luogo di lavoro e l’interesse per le mansioni svolte.
E ne è emerso che, in Italia, sono 12,2 milioni gli addetti che hanno dichiarato di “amare” il proprio lavoro, corrispondenti ad una percentuale del 51,7 per cento del totale degli occupati presenti nel Paese.
Più in dettaglio, a livello territoriale, è stata la Valle d’Aosta a posizionarsi al primo posto nella classifica nazionale con il 61,7 per cento degli occupati (in valore assoluto pari a 70mila persone) che hanno dichiarato di trovare una significativa soddisfazione professionale nelle loro usuali attività lavorative. A seguire, si segnalano la Provincia Autonoma di Trento con il 61,1 per cento (161mila) e quella di Bolzano con il 60,5 (170mila). Subito dopo si sono collocate l’Umbria con il 58,2 % (234mila), il Piemonte con il 57,1 % (poco più di un milione) e le Marche con il 55,4 % (370mila).
Pertanto, se si esclude il Piemonte, ad occupare le posizioni di vertice della graduatori si registrano prevalentemente realtà geografiche di dimensioni contenute, caratterizzate dalla presenza di piccolissime attività produttive e con un impatto ambientale trascurabile. Tali realtà risultano, inoltre, anche fortemente integrate e in perfetto equilibrio con territori di eccezionale bellezza, ancora preservati e a misura d’uomo.
In sostanza, le piccole imprese – oltre a svolgere un ruolo fondamentale nella conservazione della cultura e delle tradizioni locali – promuovono pure l’identità culturale delle comunità coinvolte, valorizzando i lavoratori che, di conseguenza,
si sentono i principali protagonisti di questo successo.
Per contro, se nella parte alta della classifica a svettare sono le piccole realtà geografiche, la coda registra, invece, una più marcata presenza delle regioni del Mezzogiorno. Negli ultimi posti troviamo, infatti, i lavoratori della Calabria con un livello di felicità del proprio lavoro pari al 43,8 per cento (corrispondenti a 245mila persone), della Basilicata con il 42,3 per cento (96mila addetti) e, infine, della Campania con il 41,2 per cento (equivalenti a 681mila lavoratori).
Lo studio della CGIA ha offerto, inoltre, anche una panoramica approfondita su altri aspetti fondamentali del mondo del lavoro italiano. Ad esempio, la precarietà – misurata come percentuale di occupati con contratti a termine da almeno 5 anni – è particolarmente elevata in Sicilia (27,9%), Basilicata (25,7%), Calabria e Puglia (entrambe al 25,5%), mentre, sul fronte della sicurezza, sono l’Abruzzo, la Basilicata e l’Umbria a lamentare il maggior numero di infortuni mortali e inabilità permanenti. Lo smart working, invece, è più diffuso nel Lazio, mentre la Calabria detiene il poco confortante primato di persone che hanno rinunciato a cercare un lavoro.
Nel complesso, l’analisi consegnataci dai ricercatori di Mestre descrive, quindi, un quadro tutt’altro che omogeneo del mondo del lavoro italiano: un mondo nel quale, se da un lato emergono indiscutibili eccellenze – come le regioni montane del Nord e la Lombardia (capaci di offrire elevati livelli di soddisfazione e benessere aziendale) – dall’altro persistono criticità nel Mezzogiorno, dove precarietà, disoccupazione e mancanza di opportunità continuano a rappresentare un serio ostacolo allo sviluppo economico. Pertanto, questi dati – conclude la CGIA – dovrebbero spingere il governo e le parti sociali a intensificare gli sforzi per ridurre il divario tra Nord e Sud e per garantire a tutti i lavoratori italiani un futuro più sereno e prospero.
Scritto da: Ferruccio Bovio
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