Economia

Ecomafia 2025: record di oltre 40.000 reati ambientali in Italia

today11 Luglio 2025

Sfondo

Ecomafia 2025: record assoluto con oltre 40.590 reati ambientali (+14,4 %), boom nel ciclo rifiuti (+19,9 %) e corruzione negli appalti green (+17,3 %), segnali preoccupanti dall’ultimo Rapporto Legambiente.

Dall’ultimo Rapporto di Legambiente sulle ecomafie, emerge che continuano ad aumentare gli attacchi all’ambiente da parte delle ecomafie, al punto che, nel 2024, in Italia è stata superata la soglia dei 40 mila reati ambientali, che costituiscono il 14,4% in più rispetto all’anno precedente. In media sono 111,2 al giorno e 4,6 ogni ora.

A crescere sono il fatturato illegale (9,3 miliardi di euro) e i clan coinvolti, ma anche la corruzione negli appalti green: e non a caso, sono state 88 le inchieste per tangenti dal primo maggio 2024 al 30 aprile 2025, ossia il 17,3% in più rispetto all’anno prima. In particolare, se è ancora nella filiera del cemento che si concentra un terzo dei reati ambientali, la crescita maggiore (quella cioè del +19,9%) si riscontra, invece, nel ciclo illegale dei rifiuti.

Le filiere più colpite e i dati regionali

Più in dettaglio, Legambiente segnala che in Italia, nel 2024, il 42,6% dei reati ambientali si concentra nelle quattro regioni a tradizionale presenza mafiosa: e vale a dire, Campania, Puglia, Calabria e Sicilia. Il maggior numero di reati si verificano, a livello nazionale, nella filiera del cemento (andando dall’abusivismo edilizio alla cave illegali, fino ai reati connessi agli appalti per opere pubbliche) con 13.621 illeciti accertati nel 2024, che fanno segnare un +4,7% rispetto al 2023 e sono pari al 33,6% del totale.

Seguono i reati commessi nel ciclo dei rifiuti che sono 11.166 (in crescita, come si è detto, del 19,9%), davanti a quelli contro gli animali con 7.222 illeciti penali (+9,7%) e 13996 illeciti amministrativi, che vanno dal bracconaggio alla pesca illegale, dai traffici di specie protette a quelli di animali da affezione, fino agli allevamenti irregolari.

Ecomafia 2025: il ruolo delle istituzioni

Un’impennata si registra anche nel campo dei reati contro il patrimonio culturale – che vanno dalla ricettazione ai reati in danno del paesaggio, dagli scavi clandestini alle contraffazioni di opere – e che aumentano del 23,4% rispetto al 2023, attestandosi a 2.956 episodi. Invece, per quanto riguarda le filiere illecite nel settore agroalimentare, a fronte di una leggera diminuzione dei controlli (-2,7%), Legambiente segnala un au-mento del numero di reati e illeciti amministrativi (+2,9%), nonché degli arresti (+11,3%).

Anche quest’anno le Forze dell’Ordine e le Capitanerie di porto hanno contribuito, in maniera determinante, alla elaborazione del Rapporto in questione, consentendo all’Associazione ecologista di analizzare a fondo il tipo di aggressioni che l’ambiente subisce nel nostro Paese e le modalità con le quali agiscono gli ecomafiosi e gli ecocriminali, mettendo a fuoco sia l’evoluzione delle loro strategie, che le conseguenze sul territorio dei loro affari. Va, infine, anche ricordato che il Rapporto sulle ecomafie 2025 è stato dedicato, nel trentennale della sua morte, alla memoria del capitano di fregata, Natale De Grazia, morto mentre indagava sui traffici illegali di rifiuti radioattivi e sugli affondamenti sospetti di navi nel Mediterraneo.

Le “navi a perdere” e il traffico di rifiuti radioattivi

Un capitolo oscuro del fenomeno ecomafioso riguarda le cosiddette “navi a perdere”, mercantili deliberatamente affondati nel Mediterraneo per occultare carichi tossici – spesso contenenti scorie radioattive – e ingenti profitti per le mafie. Secondo inchieste latenti dagli anni Ottanta ai Novanta, almeno 88–90 imbarcazioni – tra cui Rigel, Jolly Rosso, Aso, Cunski – sono state affondate in mari italiani, in particolare al largo della Calabria, ma anche nel Tirreno e nell’Adriatico, con l’ausilio di network criminali internazionali, servizi deviati e complicità di clan come la ’ndrangheta.

Le indagini coordinate da Reggio Calabria, insieme al capitano Natale De Grazia e al maresciallo Moschitta, individuarono un’operazione criminale sofisticata finalizzata allo smaltimento illecito, con navi cariche di cemento e granulato di marmo per schermare radiazioni. Il ritrovamento a Capo Spartivento di relitti tra cui la Rigel nel 1987 e la scoperta delle navi abbandonate, come il relitto di Cetraro, hanno sollevato allarme ambientale e sanitario.

Dopo la morte sospetta di De Grazia nel 1995, le indagini persero impulso, alimentando dubbi su coperture istituzionali e reticenze. Riprendere oggi quel filone significherebbe non solo rendere giustizia alla memoria di De Grazia, ma anche avviare un monitoraggio approfondito dei fondali marini, una mappatura dettagliata dei relitti e un controllo radiochimico rigoroso, fondamentali per prevenire danni irreversibili alla salute pubblica e agli ecosistemi marini.

Scritto da: Ferruccio Bovio

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