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Resilienza economica, crescita sostenuta dagli investimenti Pnrr e avanzo primario positivo: il Fondo Monetario riconosce i progressi ma richiama il Paese ad affrontare sfide strutturali.
Il Fondo Monetario Internazionale ha recentemente espresso un giudizio positivo sull’andamento delle finanze pubbliche italiane. Il nostro Paese, secondo gli analisti dell’Istituzione finanziaria che ha sede a Washington, viene, infatti, definito come “resiliente”.
E di ciò va dato senz’altro merito anche all’impulso determinato dagli investimenti, soprattutto da quelli legati al Pnrr: il grande piano da 194,4 miliardi di euro, finanziato con le risorse europee messe a disposizione dopo la pandemia con il Next Generation Eu.
I tecnici del Fondo Monetario hanno evidenziato come questi investimenti siano stati “un fattore chiave” per portare la crescita del PIL allo 0,7%, rafforzando la crescita nazionale e contribuendo così pure al record ottenuto a livello occupazione.
Si legge, infatti, nell’analisi elaborata dagli esperti del FMI, che “l’economia italiana è stata resiliente nonostante le incertezze globali” e che “le finanze pubbliche sono andate meglio del previsto, registrando un avanzo primario dello 0,4% del PIL”.
Tuttavia – ammoniscono i severi tecnici di Washington – non è neanche che ci sia da entusiasmarsi eccessivamente, poiché il contesto internazionale e le tensioni commerciali espongono, comunque, a notevoli rischi quella che, oltre ad essere la seconda manifattura europea, è pure una nazione essenzialmente esportatrice. Inoltre, ci sono diversi altri problemi che l’Italia deve seriamente affrontare, come quello rappresentato dall’invecchiamento della popolazione e quello relativo all’esigenza di aumentare la produttività ed il tasso di innovazione, eliminando gli ostacoli per le piccole e medie imprese.
Pertanto, almeno a parere del capo missione per l’Italia del Fondo, Lone Christiansen, il Bel Paese dovrebbe “raddoppiare le riforme per aumentare la partecipazione alla forza lavoro e la produttività”, ricorrendo, in particolare, “misure a sostegno della crescita, tra cui l’aumento della partecipazione delle donne alla forza lavoro”.
Per la verità, le valutazioni appena espresse dal Fondo non hanno sorpreso più di tanto: già a luglio, infatti, l’Istituto fondato nel 1944 alla conferenza di Bretton Woods, aveva riservato ottimi apprezzamenti alla nostra economia, evidenziandone il buon andamento dei conti e sollecitandola a procedere nel percorso che conduce verso la discesa del debito pubblico. Discesa che – secondo le stime del governo Meloni – riprenderà a partire dal 2027, una volta smaltiti gli effetti del Superbonus, introdotto dal governo Conte nel 2020.
Il Fondo sottolinea, inoltre, positivamente anche lo stato dell’avanzo primario: e vale a dire, dell’indicatore di entrate maggiori delle spese (esclusi gli interessi sul debito) allo 0,4%. I suoi analisti però, arrivati a questo punto, non si accontentano ancora e ci chiedono, quindi, uno sforzo ulteriore, ponendoci dinanzi ad un traguardo molto impegnativo: quello cioè, rappresentato dal raggiungimento dell’ottimale 3% del PIL (riferito al deficit pubblico) nel 2027. Un risultato per conseguire il quale, il FMI ci suggerisce di eliminare i bonus fiscali e soprattutto la flat tax al 15% per i lavoratori autonomi: aliquota che, invece, la componente leghista della maggioranza è decisa ad estendere fino a centomila euro di reddito.
Scritto da: Ferruccio Bovio
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