Economia

Il tesoro della Banca d’Italia

today19 Novembre, 2025

Sfondo

Forse non tutti sanno che la Banca d’Italia, risulta essere il quarto detentore di riserve auree al mondo, dopo la Federal Reserve statunitense, la Bundesbank tedesca e la Banca Popolare cinese.

La massa totale di oro di proprietà dell’Istituto di via Nazionale è, infatti, pari a 2.452 tonnellate ed è costituita, in larga misura, da lingotti, pur non mancando, per la verità, anche una certa consistenza di monete.

Oro custodito all’estero

È interessante, inoltre, osservare che più della metà delle nostre riserve auree si trova all’estero. Più in dettaglio, il 43,29 % – e cioè, 1.061 tonnellate circa – è custodito negli Usa. Il 5,7% nel Regno Unito e il 6% in Svizzera. La quota di oro effettivamente detenuta in Italia si attesta, invece, al 44,86%: e si tratta di 1.100 tonnellate.

Motivi della custodia estera

L’orientamento di lasciare all’estero una quota di lingotti così rilevante dipende, oltre che da ragioni concrete legate ai Paesi in cui l’oro è stato acquistato, anche da una strategia di diversificazione in merito alla riduzione dei rischi. Infatti, la custodia nelle principali piazze finanziarie consente, in caso di necessità, un più immediato utilizzo delle riserve auree, limitando, in tal modo, i costi e i tempi connessi al trasporto materiale del metallo prezioso.

Verifiche delle riserve auree

Le verifiche sui quantitativi di oro presenti all’estero vengono realizzate, ogni anno, sulla base delle attestazioni rilasciate puntualmente dalle banche centrali depositarie. Tuttavia, la Banca d’Italia può, a sua volta, sottoporre, comunque, a verifica diretta l’oro detenuto nelle casseforti delle altre banche centrali.

Valore delle riserve auree

Per quanto concerne, invece, la valutazione complessiva dell’oro di Bankitalia, bisogna sapere che il suo valore viene aggiornato annualmente e pubblicato nel bilancio dell’Istituto. In particolare, l’ultimo bilancio di esercizio rivela che “alla fine del 2024, il valore dell’oro era pari a 197.945 milioni di euro”, con un aumento di 50.706 milioni sull’anno precedente, che andava però attribuito esclusivamente alla maggiore quotazione del metallo – salita del 34,4 % rispetto alla fine del 2023 – visto che la consistenza materiale era rimasta “invariata a 79 milioni di once, corrispondenti a 2.452 tonnellate”.

Stiamo parlando di valori che, tuttavia, non rispecchiano ancora le straordinarie rivalutazioni subite dall’oro nel 2025. Basti pensare che, dall’inizio dell’anno, quello che viene considerato come il bene rifugio per eccellenza ha guadagnato circa il 50%…ragion per cui è abbastanza corretto calcolare che il valore attuale delle nostre riserve sia vicino ai 300 miliardi.

Ruolo dell’oro per le banche centrali

Le banche centrali gestiscono le riserve ufficiali in autonomia, anche se, ovviamente, quelle europee non possono oltrepassare determinati limiti fissati dalla BCE a salvaguardia della politica monetaria unica. Di conseguenza, in caso di crisi valutarie, per impedire che cali la fiducia nella valuta nazionale, una banca centrale può disporre dell’oro, utilizzandolo come garanzia per ottenere prestiti oppure, in alternativa, vendendolo sul mercato al fine di acquistare la valuta nazionale, in maniera tale da supportarne il valore.

Pertanto, il possesso di un ragguardevole quantitativo di oro garantisce, ad una banca centrale, una maggiore capacità di azione nel tutelare la fiducia nel sistema finanziario nazionale. L’oro, tra l’altro, svolge anche una funzione di garanzia contro l’inflazione e presenta pure il vantaggio di non essere condizionato dalla solvibilità di un emittente, dal momento che non consiste in un bene economico emesso da un governo o da una banca centrale.

L’Italia e la sua storia dell’oro

Come si è detto, l’Italia occupa il quarto posto nella classifica mondiale dei Paesi detentori di oro. Classifica che è saldamente guidata dagli Stati Uniti che, infatti, ne possiedono più di 8mila tonnellate. Seguono la Germania con 3.300 tonnellate e la Cina con 2.300. Al momento della sua fondazione, nel 1893, la Banca d’Italia disponeva già di una propria dotazione aurea.

Una dotazione che ha conosciuto un trend di crescita fino allo scoppio della Seconda guerra mondiale, per poi andare a toccare i suoi livelli più bassi al termine del conflitto, anche a causa dell’appropriazione di una parte dell’oro effettuata dalle truppe di occupazione. Invece, nel Dopo Guerra, in qualità di Paese esportatore, l’Italia ha potuto fruire di ingenti entrate di valuta estera – specialmente in dollari – che in parte sono stati convertiti in oro. I lingotti della Banca d’Italia hanno così ricominciato ad accumularsi, sino a raggiungere i livelli attuali.

Scritto da: Ferruccio Bovio

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