Economia

Mezzogiorno: più pensionati, che lavoratori attivi

today10 Novembre, 2025

Sfondo

Un’analisi pubblicata dall’Ufficio Studi della CGIA di Mestre segnala che, da alcuni anni, nel Mezzogiorno il numero dei pensionati ha superato chiaramente quello dei lavoratori.

Infatti, nel 2024, rispetto ai 7,3 milioni di pensioni pagate, si sono rilevati circa 6,4 milioni di occupati. E il Mezzogiorno è l’unica ripartizione geografica del Paese a denotare questo tipo di disparità. La regione con il disallineamento più netto risulta essere la Puglia che, non a caso, registra un saldo negativo pari a 231.700 unità.

Situazione nel Centro-Nord

Se si escludono i casi della Liguria, delle Marche e dell’Umbria, le regioni del Centro-Nord mantengono un saldo positivo che si è persino consolidato, grazie al buon andamento del mercato del lavoro riscontrato nell’ultimo triennio. Pertanto, dal confronto tra i contribuenti attivi (lavoratori) e gli assegni erogati ai pensionati, spicca, sempre nel 2024, il risultato virtuoso della Lombardia (+803.180), seguita dal Veneto (+395.338), dal Lazio (+377.868), dall’Emilia Romagna (+227.710) e dalla Toscana (+184.266).

Prospettive future e rischi per i conti pubblici

Gli analisti mestrini avvertono che, in presenza di un numero sempre crescente di pensionati e di quello degli occupati che, invece, si presume sia destinato a rimanere stabile, nei prossimi anni la spesa pubblica non potrà fare altro che aumentare, andando a compromettere seriamente l’equilibrio dei conti pubblici e la stabilità economica e sociale dell’Italia.

Per arginare questa tendenza, la CGIA ritiene sia indispensabile ampliare la base occupazionale, facendo emergere i tanti lavoratori in nero presenti in Italia, “incrementando, in particolare, i tassi di occupazione dei giovani e delle donne che, in Italia, restano tra i più bassi d’Europa”.

Tra l’altro, anche a breve termine, la situazione tenderà, purtroppo, a peggiorare, pure al Centro-Nord, dove, entro i prossimi quattro anni, si prevede che più di 3 milioni di Italiani lasceranno il posto di lavoro. Di essi, 2.244.700 (vale a dire il 74 % del totale) saranno proprio persone che, attualmente, lavorano nelle regioni centro settentrionali.

Alla luce di questi dati, appare evidente come, nel giro di qualche anno, si verificherà quella che la CGIA definisce “una vera e propria fuga da scrivanie e catene di montaggio, con milioni di persone che passeranno dal mondo del lavoro all’inattività con conseguenze sociali, economiche ed occupazionali di portata storica per il nostro Paese”. D’altra parte, già oggi, le imprese stentano a reperire personale idoneo da inquadrare nei propri uffici e nei propri cantieri.

Province più in crisi

Più in dettaglio, a livello territoriale, sono Lecce, Reggio Calabria, Cosenza, Taranto e Messina a rappresentare le realtà più in crisi: tanto è vero che, dall’analisi del saldo tra il numero di occupati e le pensioni erogate nel 2024, la provincia più “squilibrata” d’Italia risulta essere Lecce, la cui differenza è pari a -90.306. Seguono Reggio Calabria con -86.977, Cosenza con -80.430, Taranto con -77.958 e Messina con -77.002.

L’Associazione degli artigiani spiega, inoltre, che l’elevato numero di assegni erogati nel Sud e nelle Isole non è pienamente attribuibile alla eccessiva presenza delle pensioni di vecchiaia/anticipate, ma è, invece, dovuto pure alla larga diffusione dei trattamenti assistenziali e di invalidità.

Cause dello squilibrio tra pensionati e lavoratori

Si tratta di un risultato allarmante, frutto dei danni provocati negli ultimi decenni da quattro fenomeni strettamente connessi fra di loro: stiamo parlando della denatalità, del progressivo invecchiamento della popolazione, del tasso di occupazione molto inferiore alla media UE e della presenza di troppi lavoratori irregolari. Purtroppo, il mix di questi fattori ha ridotto, gradualmente, il numero dei contribuenti attivi e, di conseguenza, ha finito per espandere la platea dei percettori di welfare.

Province del Nord con saldo negativo

Uno stato di cose che, come si è prima accennato, determina uno squilibrio anche in 8 province del Nord che, analogamente alla quasi totalità di quelle meridionali, registrano un numero di pensioni erogate superiore a quello dei lavoratori attivi.

E sono: Rovigo (-2.040), Sondrio (-2.793), Alessandria (-6.443), Vercelli (-7.068), Biella (-9.341), Ferrara (-9.984), Genova (-10.074) e Savona (-13.753). Pertanto, due province della Liguria su quattro presentano un risultato negativo, mentre in Piemonte sono tre su otto.

Nel complesso, delle 107 province d’Italia prese in esame dalla CGIA, solo 59 presentano un saldo positivo, mentre le uniche realtà territoriali del Mezzogiorno che possono vantare una differenza positiva sono Matera (+938), Pescara (+3.547), Bari (+11.689), Cagliari (+14.014) e Ragusa (+20.333).

Indice di anzianità dei dipendenti privati

Infine, al momento, la regione che registra l’indice di anzianità dei dipendenti privati più alto è la Basilicata (con 82,7): un dato che sta a significare come, ogni 100 dipendenti al di sotto dei 35 anni, ve ne siano 82,7 che hanno oltre 55 anni. Seguono la Sardegna (82,2), il Molise (81,2), l’Abruzzo (77,5) e la Liguria (77,3). Il dato medio nazionale è pari al 65,2.

Scritto da: Ferruccio Bovio

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