Moda italiana, crisi congiunturale, pressione dei dazi e segnali di resilienza fondati su qualità, innovazione e sostenibilità.
Un’analisi sul settore della Moda – intitolata “La congiuntura delle imprese della Moda nell’anno dei dazi” e condotta dall’Osservatorio MPI di Confartigianato Lombardia – rivela che, per la Moda italiana, il 2025 va a chiudersi sotto il segno di una congiuntura complessa, aggravata dall’impatto dei dazi e segnata, comunque, da un quadro macroeconomico incerto. Il comparto – che conta 79 mila imprese ed oltre 456 mila addetti (con una presenza di 40 mila imprese artigiane, corrispondenti alla metà del totale) – lancia purtroppo segnali di fragilità diffusa, anche se non manca, tuttavia, di evidenziare alcuni importanti elementi di resilienza e trasformazione.
Andamento della produzione e delle aspettative
Il rapporto descrive un andamento della produzione che, nei primi 9 mesi del 2025, risulta ancora in calo del 6,3%: e si tratta di una flessione più marcata rispetto a quella della media UE (che si attesta, infatti, al 4,5%), ma pur sempre di una intensità inferiore rispetto al 2024 (-11,6%). Un trend che dovrebbe confermarsi anche nei prossimi mesi, dal momento che le aspettative sugli ordini sono ancora negative, con un saldo del -7,2 % a novembre 2025, ma in miglioramento rispetto al -10,9 % del mese precedente.
Differenze settoriali e confronto europeo
Tutti i settori della Moda registrano cali di produzione, con difficoltà più accentuate in quello delle pelle (-11,8%), mentre arrivano segnali positivi dalla produzione di tessuti a maglia (+3,6%) e da quella della biancheria intima (+2,2%). Più in generale, il rallentamento riguarda l’intera filiera della moda europea, ma in Italia il fenomeno appare più serio rispetto ai principali partner UE. Tra l’altro, a livello comunitario, l’Italia figura al primo posto nell’Unione europea a 27 in quanto ad occupati nel settore moda.
Cause della crisi: domanda, vendite ed export
L’analisi di Confartigianato Lombardia evidenzia come la crisi del comparto sia, essenzialmente, dovuta a tre fattori: e vale a dire, ad una domanda interna divenuta più debole (-2,1% nel 2024 per i consumi di abbigliamento e calzature), alla riduzione delle vendite al dettaglio (-1,2% nei primi 10 mesi del 2025) ed al calo dell’export (-3,6% nel primo semestre del 2025), con diminuzioni più vistose negli scambi extra-UE (–7,6%), specialmente verso Svizzera, Russia e Cina. Tengono, invece gli Stati Uniti – sebbene si tratti di un mercato divenuto, ultimamente, piuttosto incerto, per via dei nuovi dazi – mentre a crescere sono la Germania, la Polonia e gli Emirati Arabi Uniti.
Cessazioni di impresa e occupazione
Una delle conseguenze più gravi della crisi del settore è quella che riguarda l’elevato numero di cessazioni di impresa, calcolate nella misura di 10 al giorno nel terzo trimestre 2025, di cui l’84,3% sono imprese artigiane. Ed ovviamente, il fenomeno si ripercuote negativamente anche sui livelli occupazionali.
Credito alle imprese e condizioni finanziarie
Le cose non vanno bene neanche sul piano del credito alle imprese: mentre, infatti, il costo del denaro per le imprese italiane, a settembre 2025, è rimasto di 188 punti base superiore rispetto al livello di giugno 2022, i prestiti alle attività del settore Moda sono diminuiti del 6,4%, facendo segnare un calo tra i peggiori della manifattura.
Segnali di resilienza e posizionamento competitivo
Tuttavia, accanto ai problemi, il Report mette pure in risalto alcuni indizi di cambiamento positivo che rafforzano il profilo competitivo del made in Italy. Ad esempio, cresce la qualità intrinseca delle produzioni : non a caso, nel confronto con il 2019, i valori medi unitari dell’export Moda aumentano molto più dei prezzi alla produzione. Un chiaro segnale, questo, di un posizionamento alto di gamma un sempre più consolidato.
Moda italiana: transizione digitale e green
Inoltre, il Comparto della Moda si presenta attivo anche nelle due principali transizioni al momento in atto: e cioè, nel digitale e nel green, indirizzando gli investimenti su competenze, innovazione e tecnologie. Il 60% delle imprese della moda ha, infatti, iniziato ad investire in tecnologie digitali, mentre il 51% lo ha fatto in competenze green. In particolare, si registra la presenza di un 7% delle imprese della Moda che utilizzano l’Intelligenza Artificiale nella conduzione della gestione economico-finanziaria, nel marketing e come supporto dei processi di e-commerce.
Previsioni occupazionali e difficoltà di reperimento
Nonostante la complessità del quadro congiunturale che descrive, Confartigianato Lombardia sottolinea però anche la discreta tenuta (+0,3%) circa le previsioni di assunzione di personale nel trimestre novembre 2025–gennaio 2026: sia pure nelle elevate difficoltà (58% dei casi) che si incontrano, sul mercato, nel reperimento di professionalità adeguate alle mansioni lavorative.
Pressioni e prospettive
Pertanto, lo scenario che emerge da questa analisi sembra essere caratterizzato da due forme diverse di condizionamenti: da un lato dalla pressione combinata di dazi, costi finanziari, consumi deboli e chiusure aziendali. Dall’altro, dalla capacità delle imprese – in particolare quelle artigiane – di continuare a investire in qualità, sostenibilità e digitale: ossia, in quelli che restano, comunque, i veri asset indispensabili per proiettare il settore verso una nuova fase di competitività.
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